Il proprietario del mezzo deve pagare la contravvenzione anche se la circolazione è avvenuta senza il suo consenso.

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Il proprietario del veicolo, il quale intenda sottrarsi alla presunzione di responsabilità prevista dall’art. 2054 c.c., non può limitarsi a provare che la circolazione sia avvenuta senza il suo consenso, ma deve dimostrare che la stessa abbia avuto luogo contro la sua volontà. Lo ha stabilito la VI sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 22318 del 21 ottobre 2014 

IL FATTO La proprietaria di un ciclomotore, con ricorso in opposizione censurava la legittimità dei verbali emessi dai Carabinieri, con i quali le veniva contestata la violazione di guida di ciclomotore senza patente, circolazione con veicolo privo di assicurazione e targa nonché la confisca dello stesso. La ricorrente rispondeva quale obbligata in solido, in qualità di proprietaria del ciclomotore, per gli illeciti commessi da un amico del figlio, a cui era stato consegnato. Il giudice di pace di Francavilla rigettava il ricorso, a causa della mancata prova, da parte dell’opponente, della circolazione del veicolo contro la sua volontà. Avverso tale decisione proponeva appello ma anche il tribunale riteneva infondato il gravame. Anche avverso questa sentenza proponeva ricorso per cassazione.

 

LA DECISIONE DELLA CORTE Gli Ermellini, specificando la posizione di gran parte della giurisprudenza in merito, chiariscono la portata dell’art. 196 del codice della strada. Tale norma, individuando una particolare forma di responsabilità solidale, estende al proprietario del veicolo l’obbligo al pagamento delle sanzioni pecuniarie per gli illeciti commessi da altri soggetti tramite quel mezzo. I Giudici, ricordando che una simile forma di responsabilità deriva da una estensione al codice della strada degli illeciti aquiliani di cui al terzo comma dell’articolo 2054 cod. civ., sottolineano la possibilità per il proprietario della vettura di esonerarsene. Occorre, infatti, dare la prova  che la circolazione sia avvenuta senza il proprio consenso (“invito domino”) e che la stessa abbia avuto luogo “contro la propria volontà” (“prohibente domino”) come, ad esempio, denuncia di furto, idonea custodia del veicolo non rilevando la mera affermazione del titolare di non aver concesso in uso il proprio mezzo. Il Collegio di piazza Cavour, riconoscendo la peculiarità sul piano probatorio, spiega che l’eventuale volontà contraria del proprietario avrebbe dovuto manifestarsi in un concreto e idoneo comportamento ostativo specificamente rivolto a vietare la circolazione ed estrinsecatosi in atti e fatti rilevatori della diligenza e delle cautele allo scopo adottate.

VALUTAZIONE DILIGENZA PROPRIETARIO I Giudici concludono, infine, specificando che la valutazione della diligenza del proprietario e della sufficienza dei mezzi adottati per impedire la circolazione del veicolo debba essere compiuta secondo un criterio di normalità ed in relazione al caso concreto con accertamento rimesso al giudice di merito, il cui giudizio, se adeguatamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità. Data l’assenza di assicurazione sul mezzo (motivo che ha determinato l’irrogazione di sanzione amministrativa), la titolare avrebbe dovuto vigilare in modo ancora più stringente rispetto al normale. Nel caso di specie è emerso come il figlio della ricorrente avesse prelevato il mezzo senza alcuna difficoltà, per poi cederlo all’amico. 

Mimmo Carola 

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