Si è discusso, anche con toni aspri, sulla facoltà/obbligo da parte del datore di lavoro di sospendere dallo svolgimento dell’attività lavorativa per il lavoratore che, scientemente, si astiene dal vaccinarsi.
E’ lecito, per determinate posizioni, o anche per i lavoratori in genere, procedere alla sospensione per tali casi?
Tar Lecce, sez. II, 05/08/2021, n. 480, chiamato a esprimersi su una richiesta di sospensione cautelare del provvedimento emesso da un’ASL, ha rigettato la richiesta ritenendo non sussistente il fumus.
Più in particolare, ha ritenuto non sussistente il periculum in mora prospettato, ovvero alla omessa ricollocazione lavorativa della ricorrente, che l’art. 4 co. 10 del D.L. 44/2021 riserva l’adibizione d’ufficio ad altre e diverse mansioni solo all’ipotesi di soggetto per il quale sia stata dichiarata ed accertata l’esenzione o il differimento della vaccinazione, ipotesi del tutto differente dal quella in esame, in quanto caratterizzata da atteggiamento di leale collaborazione da parte del dipendente.
Oltretutto il medico ha tenuto una condotta dilatoria e certamente non collaborativa, tale da precludere all’amministrazione la possibilità di accertare eventuali situazioni non compatibili con l’obbligo vaccinale.
In definitiva, l’Amministrazione ha espressamente valutato la possibilità di ricollocazione lavorativa della ricorrente con adibizione della stessa ad altre e diverse mansioni non comportanti contatti con gli utenti e con restante personale sanitario, concludendo in senso negativo con una motivazione condivisibile e supportata da adeguata istruttoria;
Il Collegio conclude che è comunque in facoltà della ricorrente conseguire la cessazione di tutti i lamentati effetti pregiudizievoli adempiendo all’obbligo vaccinale, adempimento espressamente previsto dalla legge come presupposto necessario ed imprescindibile per l’esercizio della professione ex art. 4 comma 1 D.L. citato.
Di analogo tenore sono, altresì, Tar Roma, sez. III bis, 02/09/2021 n. 4531 e 4532 che, con riferimento all’obbligo vaccinale per il personale scolastico, osserva che il prospettato diritto a non vaccinarsi, in disparte la questione della dubbia configurazione come diritto alla salute, non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, avuto presente che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l’estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell’essenziale servizio pubblico della scuola in presenza.
In ogni caso il predetto diritto è riconosciuto dal legislatore il quale prevede in via alternativa la produzione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-Cov 2 e, pertanto, nell’ottica del legislatore la presentazione del test in questione in sostituzione del certificato comprovante l’avvenuta gratuita vaccinazione costituisce una facoltà rispettosa del diritto del docente a non sottoporsi a vaccinazione ed è stata prevista nell’esclusivo interesse di quest’ultimo, e, conseguentemente, ad una sommaria delibazione, non appare irrazionale che il costo del tampone venga a gravare sul docente che voglia beneficiare di tale alternativa.
In ultimo, anche per Tar Roma l’automatica sospensione dal lavoro e dalla retribuzione prevista dal comma 2 dell’art.9 ter D.L. n.52/202 e la mancata adibizione del personale scolastico ad altre e diverse mansioni è correttamente e razionalmente giustificabile alla luce della tipicità delle mansioni del personale scolastico, specie di quello docente.