Strisce blu: il verbale è valido anche se la concessione è scaduta o illegittima

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Un veicolo veniva sanzionato per violazione dell’articolo 7, commi 1 e 5, codice della strada, per avere occupato uno stallo blu di sosta a pagamento, senza esporre la scheda di parcheggio sosta.

Alla data dell’accertamento, risultava ormai scaduta la convenzione intercorsa tra la Società concessionaria ed il Comune in ordine alla gestione delle aree di sosta a pagamento, sicché l’imposizione del pagamento orario non si riteneva più assistita da un valido provvedimento amministrativo.

Per cui, il verbale di accertamento della sosta su strisce blu senza esposizione di apposito ticket, deve considerarsi valida anche se la concessione della gestione del servizio di parcheggio risulta illegittima?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9125 del 7.4.2017, ha precisato, innanzitutto, che nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione avente ad oggetto l’irrogazione di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, il giudice ordinario ha il potere di sindacare incidentalmente, ai fini della disapplicazione, soltanto gli atti amministrativi posti direttamente a fondamento della pretesa sanzionatoria, sicché, ove sia stata irrogata una sanzione pecuniaria per la sosta di un autoveicolo in zona a pagamento senza esposizione del tagliando attestante l’avvenuto versamento della somma dovuta, il controllo del giudice non può estendersi anche agli eventuali vizi di legittimità della deliberazione della giunta comunale di concessione della gestione del servizio ad un’impresa privata, che non si inserisce nella sequenza procedimentale che sfocia nell’adozione dell’ordinanza opposta.
In particolare, nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione avente ad oggetto l’irrogazione di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, il giudice ordinario, al quale spetta la giurisdizione, essendo in contestazione il diritto del cittadino a non essere sottoposto al pagamento di somme al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, ha il potere di sindacare incidentalmente, ai fini della disapplicazione, gli atti amministrativi posti a fondamento della pretesa sanzionatoria: la delibera di concessione della gestione del servizio di parcheggio è un atto amministrativo con cui la giunta comunale si è limitata ad affidare lo svolgimento di un’attività a rilevanza pubblicistica a una società, ma non è atto presupposto della violazione contestata al trasgressore, che è costituito dalla istituzione di una zona adibita al parcheggio a pagamento.
Il sindacato incidentale di legittimità, al fine della eventuale disapplicazione, può rivolgersi solo nei confronti del provvedimento cosiddetto presupposto, e cioè quello integrativo della norma la cui violazione è stata posta a fondamento di detta sanzione, come appunto è l’ordinanza istitutiva del parcheggio a pagamento, che fa sorgere la violazione del conseguente divieto.
Viceversa la delibera di concessione della gestione del servizio di parcheggio non si pone invece in rapporto diretto con la violazione di quest’ultimo, in quanto i due atti – concessione del servizio e istituzione dell’area con obbligo di ticket – sono inseriti in iter amministrativi differenti e rispondono ad altrettanto diverse finalità: con la prima, viene unicamente selezionato il concessionario di un servizio; con la seconda, si impone l’obbligo di pagamento della sosta in una determinata zona, obbligo la cui violazione comporta l’irrogazione della sanzione.
La delibera di concessione non si inserisce nella sequenza procedimentale che sfocia con l’adozione dell’ordinanza sindacale; nè condiziona la sussistenza della violazione accertata.
L’illegittimità della prima non può, quindi, riverberarsi sulla seconda, nè inficiare l’accertamento stesso.
Nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, nella specie una sanzione per mancato pagamento della sosta e mancata esposizione del tagliando, il controllo del giudice, seppur ampio, non può estendersi sino agli eventuali vizi di legittimità della delibera della giunta comunale sulla concessione del servizio a un’impresa privata, in quanto questa non fa parte della sequenza procedimentale che sfocia nell’adozione dell’ordinanza opposta.
Mutatis mutandis, può quindi ritenersi che la contestazione mossa dal ricorrente nel giudizio in esame, non attiene al provvedimento con il quale il Comune a suo tempo ha deciso di istituire come area di sosta a pagamento quella oggetto dell’infrazione oggetto di causa, ma alla diversa sequenza procedimentale che concerne l’affidamento del servizio di gestione dell’area medesima, la cui validità (anche in punto di legittimità della clausola della convenzione che garantisce un affidamento transitorio del servizio alla scadenza convenzionale) non incide sulla sussistenza della violazione accertata: l’eventuale violazione delle regole in tema di affidamento dei servizi pubblici ingenera la lesione dell’interesse legittimo degli eventuali altri aspiranti, ma non può riflettersi invece sulla diversa posizione di colui che comunque viene a violare il divieto di sosta su aree a pagamento, la cui individuazione è frutto di diverso provvedimento amministrativo.

Il verbale di accertamento della violazione, quindi, deve ritenersi legittimo.

 

 

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