Il Consiglio di Stato Sezione V, con la sentenza n. 2280/2019, decisa nella camera di consiglio del 21 marzo 2019 e pubblicata l’8 aprile 2019, ha posto fine ad un discussione controversa, che durava ormai da anni, facendo chiarezza sulle modalità di svolgimento del consumo sul posto di prodotti di gastronomia venduti negli esercizi commerciali di prodotti alimentari, noto anche come “somministrazione non assistita”.
Ricordiamo che la possibilità di consentire il consumo sul posto anche negli esercizi di vicinato privi della autorizzazione di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è disciplinata dall’art. 3, comma 1, lettera f-bis) del d.l. 4 aprile 2006, n. 223, prevedendo che tale servizio possa essere effettuato utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni igienico- sanitarie.
In passato il Mise, con le diverse e ripetute risoluzioni, negli anni, ha sempre sostenuto che per tale attività non potessero essere forniti arredi e suppellettili abbinabili che dessero luogo ad attività di somministrazione come definita dalla legge 287/91 art. 1 “per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati”.
Viceversa, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con la Segnalazione S2605 del 27 ottobre 2016, aveva rilevato che le risoluzioni del Mise contrastavano con il D.L. n. 223/2006 che, in ordine alle attività di consumo sul posto di alimenti e bevande, tra l’attività di somministrazione e quella di vendita da parte degli esercizi di vicinato, aveva individuato quale unica differenza unicamente la presenza o meno del servizio assistito.
Il Consiglio di Stato, condividendo tale ultimo parere del Garante, ha stabilito che la disposizione degli arredi con abbinamento tra tavoli e sedie, nonché la presenza di tavoli preparati con tovaglie, stoviglie e quant’altro occorra per il consumo sul posto dei prodotti acquistati nel locale, sono elementi del tutto irrilevanti e non forniscono elementi utili a connotare e distinguere l’attività di somministrazione, tout court, da quella di consumo sul posto.
Ha definitivamente sentenziato il Massimo Organo di Giustizia Amministrativa che la vera, unica differenza tra l’attività di somministrazione e quella di vendita da parte degli esercizi di vicinato è data unicamente dalla presenza o meno del servizio assistito ai tavoli con personale dipendente che svolga tale servizio.