Somministrare alimenti e bevande in un immobile abusivo non può comportare la revoca della licenza. Consiglio di Stato 2014, tra legalità e necessità.

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La questione che sottopongo ai cortesi lettori mi ha appassionato, in prima battuta, non tanto per la vicenda giuridica, quanto per il nome dell’esercizio al centro della vicenda che occupò, in prima battuta, il TAR Campania, con sentenza n°1010/2012: “O Scialapopolo”.

Con riferimento a detto esercizio, un popoloso comune campano, aveva ordinato la chiusura immediata dell’esercizio commerciale sopra nominato (e di lì a poco la revoca della licenza), sul presupposto della natura “abusiva” dell’immobile in cui veniva esercitata l’attività di somministrazione di alimenti e bevande. In fase cautelare, la sorte favorì l’esercente ricorrente, ma con la definizione del giudizio, il TAR intese invertire la posizione assunta in via monitoria, confermando la legittimità, nel procedere, dell’Amministrazione comunale. Sostenne il collegio: “non può trovare rilievo la circostanza della assoluta estraneità della società ricorrente ai fatti abusivi posti in essere sull’immobile dai suoi danti causa, poiché l’inoppugnabile condizione di illiceità dell’immobile medesimo non può che condurre, come esito dovuto e vincolato, alla cessazione delle attività commerciali in esso svolte, in vista di un prevedibile intervento demolitorio comunale e comunque in ragione della insanabile mancanza di titoli abilitativi indispensabili alla prosecuzione dell’attività (conformità urbanistica, certificato di agibilità, etc.)”.

Su questo assestamento (provvisorio) è tornato il giudice amministrativo, di seconde cure:

 

Il  Consiglio di Stato Sez. V,  con sentenza del 13/03/2014 ha invertito il preveniente giudicato, affermando che, “l’abusività dell’immobile nel quale viene esercitata un’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande non è un motivo idoneo a giustificare un provvedimento di decadenza o revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale”. Una dura sentenza che si occupa del tema dell’annullamento in autotutela e dei suoi confini. Una sentenza che depotenzia seriamente e pericolosamente i comuni che vogliono cercare di regolamentare le attività di somministrazione, troppo spesso calate in contesti urbanisticamente inadeguati. Un tema, di estrema delicatezza, oscillante tra legalità ed emergenza, troppo complesso in genere, ed ancora più critico in epoca di crisi economica.

 

Che dire?

Sciala Popolo!

 

Pino Napolitano

P.A.sSiamo

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