Proroga delle concessioni balneari. Legittimità

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La normativa in tema di concessioni demaniali ha subito negli corso degli anni rilevanti modifiche, dovute soprattutto all’esigenza di coordinamento della legislazione nazionale con la normativa comunitaria o euro-unionale.

In particolare la direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, art. 12 paragrafi 1 e 2, relativa ai servizi del mercato interno, ha dichiarato non compatibili i provvedimenti di proroga automatica delle “autorizzazioni” demaniali marittime destinate all’esercizio delle attività turistico-ricreative in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra gli aspiranti, integrando peraltro siffatta normativa una violazione dell’art. 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

Come noto, poi, tale norma è stata contestata dai concessionari storici che hanno beneficiato dei rinnovi degli atti concessori, anche in considerazione del fatto che l’art. 1 c. 18 del DL 194/2009 ha  abrogato l’art. 37 secondo comma del Codice della Navigazione che prevedeva il cd. diritto di insistenza del concessionario, disponendosi tuttavia una proroga delle concessioni in essere fino al 31 dicembre 2015, termine successivamente prorogato sino al 31 dicembre 2020 per effetto della successiva Legge 228/2012.

La normativa nazionale suindicata è stata però ritenuta non compatibile con l’ordinamento dell’Unione Europea, sia dalla Corte di Giustizia (decisione 16 luglio 2016) e sia dalla Corte Costituzionale (C.Cost. 180/2010, relativa alla declaratoria di incostituzionalità di Leggi regionali dispositive di proroga o rinnovo automatico).

Lo Stato italiano, al fine di evitare le conseguenze connesse all’apertura di procedura di infrazione, con l’art. 24 c. 3-septies del D.L. 113/2016 convertito con legge 160/2016, ha previsto una sanatoria dei rapporti concessori in essere in via interinale “nelle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione europea”.

La nuova normativa volta a garantire compatibilità con l’ordinamento unionale non è tuttavia mai intervenuta e, approssimandosi la scadenza del 31 dicembre 2020, con l’art. 1 commi 682 e 683 della Legge 145/2018 ha disposto un’ulteriore proroga delle concessioni demaniali in vigore fino al 31 dicembre 2033.

La questione su cui si discute è, pertanto, se un provvedimento di proroga sia legittimo o se sia in contrasto con le norme comunitarie e, conseguentemente, da disapplicare proprio in ragione di tale contrasto.

Il Tar Puglia Lecce, 27/11/2020, n. 1341 ha stabilito, anche al fine di stabilire chi possa o debba disapplicare la norma nazionale in conflitto con la normativa comunitaria, che tali poteri non sono attribuiti alla pubblica amministrazione e, per essa, al dirigente o funzionario preposto.

Il principio enucleato dal Collegio pugliese è, pertanto, che la norma nazionale, ancorché in conflitto con quella euro-unionale, risulta comunque vincolante per la pubblica amministrazione e, nel caso in esame, per il dirigente comunale, che sarà tenuto ad osservare la norma di legge interna e ad adottare provvedimenti conformi e coerenti con la norma di legge nazionale.

Senza peraltro dimenticare (ad ulteriore significazione della complessità delle questioni coinvolte) che, nello specifico, la Corte di Giustizia in varie pronunce ha riconosciuto la doverosa tutela del principio del legittimo affidamento del titolare di concessione demaniale marittima con riferimento a rapporti concessori in essere che siano sorti in epoca antecedente rispetto alla data di adozione della direttiva servizi (con ciò rendendosi evidente come non sia coerente neanche con il sistema delineato dall’ordinamento euro-unionale una astratta determinazione dell’autorità comunale che si esprima astrattamente pro o contro il regime di proroga di cui trattasi).

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