Qualche giorno fa, dalle colonne di questo sito, ho dato conto dell’interessante decisione Tar Puglia Lecce, 27/11/2020, n. 1341 sulla nota questione della proroga della concessioni demaniali, in contrasto con la famigerata Direttiva Bolkestein.
In sostanza, la citata decisione pugliese richiamava l’attenzione sulla impossibilità, per il funzionario della P.A., di disapplicare una norma nazionale in favore di quella comunitaria.
Dopo tale pubblicazione, però, il confronto con il caro amico Giancarlo de Simone, collega dotato una sopraffina arguzia giuridica, mi ha fatto riflettere ancora di più sulle difficoltà e i pericoli che si abbattono sulle spalle del funzionario di cui sopra.
I dubbi sono diventati quasi un incubo allorquando ho scambiato qualche impressione con chi aveva trattato dal lato della Procura della Repubblica la questione della responsabilità penale a carico del solito funzionario.
In soldoni, rischia di più chi, in ossequio alla giurisprudenza di Cassazione e Consiglio di Stato, disapplica la norma nazionale perchè, qualora emerga un contrasto tra la norma primaria nazionale o regionale e i principi del diritto eurounitario, è fatto obbligo al dirigente che adotta il provvedimento sulla base della norma nazionale (o regionale) di non applicarla (in contrasto con la norma eurounitaria di riferimento) Cons. Stato, Sez. V, 05/03/2019 n. 1342, o chi, incurante di tale monito, applica la norma nazionale in vigore?
Ma v’è di più. Cass. Pen., sez. III, 16/09/2020, n. 29105 si è spinta oltre, affermando che detto obbligo di disapplicazione graverebbe anche sul giudice penale, essendo infatti stato affermato che il potere-dovere del giudice di disapplicare la normativa nazionale in contrasto con la normativa comunitaria sussiste solo laddove tale ultima normativa sia dotata di efficacia diretta nell’ordinamento interno.
Ora, però, come deve comportarsi il sempre più preoccupato funzionario chiamato a districarsi tra conflitti di norme e timori di ricevere avvisi di garanzia sia nel caso rilasci il rinnovo della concessione e sia nel caso lo deneghi.
La questione diventa ancor più complicata se si considera la Direttiva Bolkestein come selfexecuting, cioè che ha efficacia diretta nell’ordinamento degli Stati Membri. Nel caso di specie, di conseguenza, non vi sarebbe contrasto tra norme, perchè quella comunitaria avrebbe la supremazia su quella dello stato membro.
A questo punto, il potere di disapplicazione del giudice ordinario, che si radica in una facoltà di carattere processuale e che consente al giudice ordinario di decidere sulla controversia portata alla sua cognizione senza tener conto dell’atto (norma nazionale), è atto dovuto anche per il Dirigente o, piuttosto, il rischio che egli corre è o di ricevere un avviso di garanzia (sia nel caso di adozione e sia nel caso di diniego) o, al più, una richiesta di risarcimento da parte del concessionario che lamenti la mancata adozione dell’atto di proroga.
Una possibile ulteriore lettura potrebbe essere, allora, quella che deriva dall’applicazione del DPR n. 34/2020 (convertito in Legge n. 77/2020) il quale, all’art. 182, stabilisce che “Fermo restando quanto disposto nei riguardi dei concessionari dall’articolo 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per le necessita’ di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, le amministrazioni competenti non possono avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attivita’ mediante l’uso di beni del demanio marittimo, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, di cui all’articolo 49 del codice della navigazione, per il rilascio o per l’assegnazione, con procedure di evidenza pubblica, delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.
Pertanto, se è vero che l’UE ha ammesso e sollecitato interventi di sostegno all’economia in conseguenza dell’emergenza da Covid-19, qui il provvedimento di proroga si attaglierebbe quale ristoro e, conseguentemente, di natura diversa da quella derivante dalla mancata applicazione della Direttiva Bolkestein.
Ma questa è un’altra storia. La domanda continua ad essere: il Dirigente è obbligato o no a dispapplicare la norma nazionale in favore di quella comunitaria (Dir. Bolkestein) ?