I giudici della sesta sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 18801 del 6 maggio 2019 hanno ritenuto che la richiesta fatta al conducente, da parte degli organi di polizia, di sottoporsi al prelievo ematico presso una struttura sanitaria, per l’accertamento del tasso alcolemico, non necessita di forme sacramentali.
LA VICENDA
Il Tribunale di Udine condannava un automobilista per essersi posto alla guida di una autovettura di sua proprietà, in stato di ebbrezza con tasso alcolemico pari a 2,93 g/I, indice accertato mediante analisi da parte del personale sanitario. Proposto appello la decisone veniva confermata dalla Corte territoriale di Trieste che, nel ricostruire la vicenda sulla scorta dell’istruttoria orale svolta e delle acquisizioni documentali, aveva dato atto che nell’occorso si era verificato un incidente, avendo l’imputato, in un tratto stradale curvilineo, colpito il cordolo, andando a sbattere contro il guardrail dell’opposta corsia. Il conducente era stato trasportato in ospedale, ivi giunto con un trauma facciale e policontuso e con lesioni che furono poi giudicate guaribili in 20-40 giorni. Anche avverso questa sentenza l’imputato proponeva ricorso per cassazione, con il quale deduceva inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità e inutilizzabilità in relazione alla ritenuta validità del consenso informato e alla conseguente inutilizzabilità dei risultati dei prelievi biologici ai fini dell’accertamento del reato.
LA DECISIONE
Gli Ermellini dichiarano il ricorso inammissibile ritenendo che la richiesta di sottoporsi al prelievo ematico presso una struttura sanitaria può anche essere formulata solo oralmente, in modo da non pregiudicare la continuità e celerità degli accertamenti, purché la formula usata risulti idonea a rendere edotto l’interessato che, in assenza di un suo rifiuto, si procederà all’accertamento in uno dei modi indicati dalla legge. Ergo il giudice ha pure rilevato la non necessità del consenso di che trattasi, facendo rinvio ai principi di natura giurisprudenziale sul punto, formulati anche per l’ipotesi di indagini biologiche a scopo non terapeutico. Questa stessa sezione ha già affermato, con riferimento al profilo evidenziato in ricorso, che la mancanza di consenso dell’imputato al prelievo del campione ematico per l’accertamento del reato di guida in stato d’ebbrezza non costituisce una causa di inutilizzabilità patologica degli esami compiuti presso una struttura ospedaliera, posto che la specifica disciplina dettata per la guida in stato di ebbrezza, nel dare attuazione alla riserva di legge stabilita dall’art. 13, comma secondo Cost., non prevede alcun preventivo consenso dell’interessato al prelievo dei campioni. Tale principio merita di essere ulteriormente precisato, attraverso il richiamo ad altro precedente di questa sezione, nel quale si è affermato che i risultati del prelievo ematico, effettuato a seguito di incidente stradale durante il successivo ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica su richiesta della polizia giudiziaria, sono utilizzabili nei confronti dell’imputato per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell’utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso. In un passaggio motivazionale di tale sentenza si è, peraltro, opportunamente chiarito che, ai fini dell’applicazione del reato di guida in stato di ebbrezza, la richiesta della polizia giudiziaria ai sanitari di effettuare l’accertamento del tasso alcolemico di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche può anche costituire legittimamente l’unica causa dell’accertamento medesimo e non richiede uno specifico consenso dell’interessato, diverso da quello eventualmente richiesto dalla natura delle operazioni sanitarie strumentali a detto accertamento.
Prelievo ematico e consenso della persona indagata (4)