La questione del “cinque minuti” tra le due misurazioni etilometriche arriva al vaglio della Cassazione

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A seguito di controllo con etilometro gli agenti avevano disposto il ritiro della patente dell’automobilista, per aver riscontrato con due controlli effettuati rispettivamente alle ore 22,42 e alle 22,47 tassi alcolemici di 0,7 e 0,78 g/l. Tanto il giudice di prime cure quanto quello di appello affermavano che la tecnica di misurazione era stata corretta, essendo trascorso, tra l’una e l’altra operazione di verifica, il termine di cinque minuti previsto dall’art. 379 reg. C.d.S., comma 2. La decisione del giudice di appello veniva impugnata in Cassazione.

Con sentenza n° 17929 del 13 agosto 2014, la sezione II della Suprema Corte, riteneva infondato il ricorso sulla base dei seguenti motivi:

“L’art. 379 reg. C.d.S., comma 2, relativo all’accertamento della guida sotto l’influenza di alcool, da determinarsi in base al valore della concentrazione di alcool nell’aria alveolare espirata, stabilisce che: “La concentrazione di cui al comma 1 dovrà risultare da almeno due determinazioni concordanti effettuate ad un intervallo di tempo di 5 minuti”. Nessuna disposizione della norma o del codice autorizza a ritenere che i cinque minuti debbano essere intesi come “liberi”, cioè intercorrenti tra la fine di una prova e l’inizio della seconda. Un intervallo di tempo tra due prove si misura di norma, in mancanza di diverse prescrizioni, tra due riferimenti omogenei, quali l’inizio della prima e l’inizio della seconda o la fine della prima prova e la fine della seconda. Se vi fossero anomalie nella conduzione dell’una o dell’altra prova si potrebbe dubitare della fedeltà nella conduzione dell’esame, ma nel caso di specie cosi non è. Nei due scontrini di refertazione del test rilasciati dallo strumento e sottoscritti dagli agenti – fotocopiati a pag. 4 del ricorso – si legge che la prima analisi ebbe inizio alle 22,42 e fine alle 22,43 e che la seconda iniziò alle 22,47 e si concluse alle 22,48. Fu quindi osservato l’intervallo di 5 minuti prescritto dall’art. 379, norma che non indica neppure, come vorrebbe il ricorrente, che l’intervallo sia “almeno” di 5 minuti, ma – seccamente – che tale sia il tempo che deve trascorrere, tempo che evidentemente è proprio quello stimato congruo dal legislatore per rendere affidabile la verifica”.

Pino Napolitano

P.A.sSiamo

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