La prescrizione delle sanzioni al codice della strada

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I giudici della terza sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza  n. 28529 dell’ 8 novembre 2018 hanno stabilito che alla riscossione delle sanzioni al codice della strada non è applicabile la disciplina dell’art. 17 del dPR 602/1973 ma solo la prescrizione quinquennale

IL CASO

Una società  opponeva, nei confronti della Direzione  Provinciale del Lavoro di Napoli e di Equitalia Polis S.p.A., una  cartella di pagamento, con la quale si ingiungeva il pagamento di una somma a  titolo di sanzione amministrativa per il mancato adempimento  all’obbligo di comunicare alla sezione circoscrizionale per l’impiego  del nominativo dei lavoratori cessati dal rapporto di lavoro. Il Tribunale di Napoli qualificava l’azione quale opposizione ad  un’ordinanza-ingiunzione, opposizione all’esecuzione e opposizione  agli atti esecutivi ed accoglieva la domanda in ordine all’opposizione  all’esecuzione, nei limiti in cui riteneva operante il termine  decadenziale di cui all’art. 25 del d.P.R. 602/1973. Tale decisione era appellata in via principale dalla Direzione  Provinciale del Lavoro di Napoli e in via incidentale da Equitalia  Polis S.p.A.  Anche questo gravame veniva integralmente respinto, con conferma della  sentenza di primo grado. In particolare, la Corte territoriale di Napoli riteneva che alla  fattispecie relativa al mancato pagamento delle  sanzioni amministrative, dovessero applicarsi le disposizioni in  tema di riscossione delle imposte dirette e delle relative sanzioni, in quanto  espressamente richiamate dall’art. 27 della legge 689/ 1981. Poiché l’ordinanza-ingiunzione  della Direzione Provinciale del Lavoro di Napoli era divenuta  definitiva, per mancata opposizione, in data 8 settembre 2005, la  cartella esattoriale avrebbe dovuto essere validamente notificata  entro il 31 dicembre 2007. Conseguentemente, essendo stata  invece effettuata in data 6 febbraio 2009, si era verificata la  decadenza eccepita dalla società opponente.

LA DECISIONE

Gli Ermellini accoglievano il ricorso, cassando la  sentenza e rinviandola  alla Corte di appello di Napoli in  diversa composizione in quanto ritenevano che alle somme dovute a titolo di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada non è applicabile la decadenza stabilita dall’art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973, per l’iscrizione a ruolo dei crediti tributari, ma soltanto la prescrizione quinquennale dettata in via generale dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981, e, con specifico riferimento alle sanzioni conseguenti alle infrazioni stradali, dall’art. 209 codice della strada. D’altro canto, l’inapplicabilità della decadenza di cui all’art. 25  del d.P.R. 602/1973 alle ipotesi di riscossione coattiva di  entrate erariali diverse dai tributi risponde ad una logica ben  precisa. Tale previsione è funzionale alla fissazione di un termine  ultimo entro cui il contribuente deve venire a conoscenza delle  pretese del fisco. Analoghe esigenze non sussistono in relazione alla riscossione di  sanzioni amministrative per violazione delle norme previdenziali o  del codice della strada. In questi casi, infatti, non vi è una “limitata  difesa” del preteso debitore, come avviene nel procedimento di  accertamento dei tributi. Al contrario, l’ordinanza-ingiunzione deve  essere notificata e la stessa può essere opposta innanzi all’autorità  giudiziaria ordinaria già prima della formazione del ruolo da  consegnare dall’agente di riscossione. In sostanza, la differenza strutturale dei procedimenti di  accertamento prodromici alla formazione del ruolo esattoriale, nel  caso di riscossione di tributi o di sanzioni amministrative, giustifica  l’esistenza di un regime di decadenza che ha ragion d’essere per la  prima ipotesi, ma non per la seconda.

 

Corte di Cassazione, III sezione Civile, sentenza n. 28529 del 8 novembre 2018 

FATTI DI CAUSA

La S.S.r.l. opponeva, nei confronti della Direzione  Provinciale del Lavoro di Napoli e di Equitalia Polis S.p.A., la  cartella di pagamento n. 07120070007230561/001, con la quale le  era stato ingiunto il pagamento della somma di euro 4.720,66 a  titolo di sanzione amministrativa per il mancato adempimento  all’obbligo di comunicare alla sezione circoscrizionale per l’impiego  del nominativo dei lavoratori cessati dal rapporto di lavoro.

Gli enti convenuti, costituendosi, chiedevano il rigetto  dell’opposizione.

Il Tribunale di Napoli qualificava l’azione quale opposizione ad  un’ordinanza-ingiunzione, opposizione all’esecuzione e opposizione  agli atti esecutivi. Accoglieva la domanda in ordine all’opposizione  all’esecuzione, nei limiti in cui riteneva operante il termine  decadenziale di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973. Rigettava  la domanda per il resto.

La decisione era appellata in via principale dalla Direzione  Provinciale del Lavoro di Napoli e in via incidentale da Equitalia  Polis S.p.A. (divenuta poi Equitalia Sud S.p.A.).

Il gravame veniva integralmente respinto, con conferma della  sentenza di primo grado.

In particolare, la Corte d’appello di Napoli riteneva che alla  fattispecie di cui è causa, relativa al mancato pagamento delle  sanzioni amministrative, dovessero applicarsi le disposizioni in  tema di riscossione delle imposte dirette e delle relative sanzioni  (d.P.R. n. 602 del 1973 e d.lgs. n. 472 del 1997), in quanto  espressamente richiamate dall’art. 27 della legge n. 689 del 1981,  ivi incluso il termine di decadenza biennale di cui all’art. 25, lett.  c),  del d.P.R. n. 602 del 1973. Pertanto, poiché l’ordinanza-ingiunzione  della Direzione Provinciale del Lavoro di Napoli era divenuta  definitiva, per mancata opposizione, in data 8 settembre 2005, la  cartella esattoriale avrebbe dovuto essere validamente notificata  entro il 31 dicembre 2007. Conseguentemente, essendo stata  invece effettuata in data 6 febbraio 2009, si era verificata la  decadenza eccepita dalla società opponente.

Avverso tale sentenza hanno proposto congiuntamente ricorso  per cassazione il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e la  Direzione Provinciale del Lavoro di Napoli, formulando un unico  motivo. Nessuna attività difensiva è stata svolta dalle parti intimate.

Ravvisate le condizioni per la trattazione in camera di consiglio  non partecipata ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., la causa  veniva trattata all’adunanza camerale del 9 maggio 2017. Tuttavia,  in esito alla stessa, con ordinanza interlocutoria del 20 giugno  2017, si disponeva la trattazione del ricorso in pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Ministero ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo   comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione  dell’art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 28 della legge n. 689  del 1981 e degli artt. 2934 e ss. cod. civ. Sostiene che la Corte  d’appello avrebbe errato nel ritenere applicabile il termine di  decadenza biennale di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973:  tale norma riguarderebbe unicamente la materia tributaria, mentre  qui si verte in tema di sanzioni amministrative per la violazione di  norme in tema di rapporto di lavoro, soggette al termine di  prescrizione quinquennale previsto dall’art. 28 della legge 689 del  1981. La notifica della cartella esattoriale sarebbe stata quindi  tempestiva.

Il ragionamento esposto nella sentenza impugnata muove dalla  constatazione che l’art. 27 della legge n. 689 del 1981 prevede che  l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione procede alla riscossione delle somme dovute  «in base alle norme previste per la  esazione delle imposte dirette».  Tale rinvio è stato ritenuto  riferibile anche all’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602,  che – per quanto qui d’interesse – onera il concessionario di  notificare al debitore iscritto a ruolo la cartella di pagamento entro  il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui  l’accertamento è divenuto definitivo.

Secondo l’amministrazione ricorrente, invece, si dovrebbe  applicare il termine previsto dall’art. 28 della legge n. 689 del  1981, che dispone:

«il diritto a riscuotere le somme dovute per le  violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di  cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione».

Il motivo è fondato.

Le conclusioni cui è pervenuto il giudice d’appello non risultano  in linea con la giurisprudenza di questa Corte, che – a più riprese –  ha affermato il principio secondo cui alla riscossione delle somme  dovute a titolo di sanzioni amministrative per violazioni del codice  della strada non è applicabile la decadenza stabilita dall’art. 17 del  d.P.R. n. 602 del 1973, per l’iscrizione a ruolo dei crediti tributari,  ma soltanto la prescrizione quinquennale dettata in via generale  dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981, e, con specifico riferimento  alle sanzioni conseguenti alle infrazioni stradali, dall’art. 209 cod.  strada (Sez. 2, Ordinanza n. 10372 del 30/04/2018, Rv. 648175;  Sez. 2, Sentenza n. 26424 del 16/12/2014, Rv. 633692; Sez. 1,  Sentenza n. 5828 del 17/03/2005, Rv. 580210).

Le pronunce censite si riferiscono tutte al coordinamento fra  l’art. 28 della legge n. 689 del 1981 e l’art. 17 del d.P.R. n. 602 del  1973, poi abrogato – con effetto dal 10 agosto 2005 – dal d.l. 17  giugno 2005, n. 106, convertito con modificazioni dalla I. 31 luglio  2005, n. 156. Ma, ai fini che ci occupano, il contenuto del citato art.  17 non era dissimile da quanto oggi è previsto dall’art. 25 del  medesimo d.P.R. n. 602 del 1973.

D’altro canto, l’inapplicabilità della decadenza di cui all’art. 25  del d.P.R. n. 602 del 1973 alle ipotesi di riscossione coattiva di  entrate erariali diverse dai tributi risponde ad una logica ben  precisa. Tale previsione è funzionale alla fissazione di un termine  ultimo entro cui il contribuente deve venire a conoscenza delle  pretese del fisco (v. sul punto Corte cost. n. 280 del 2005).

Analoghe esigenze non sussistono in relazione alla riscossione di  sanzioni amministrative per violazione delle norme previdenziali o  del codice della strada. In questi casi, infatti, non vi è una “limitata  difesa” del preteso debitore, come avviene nel procedimento di  accertamento dei tributi. Al contrario, l’ordinanza-ingiunzione deve  essere notificata e la stessa può essere opposta innanzi all’autorità  giudiziaria ordinaria già prima della formazione del ruolo da  consegnare dall’agente di riscossione.

In sostanza, la differenza strutturale dei procedimenti di  accertamento prodromici alla formazione del ruolo esattoriale, nel  caso di riscossione di tributi o di sanzioni amministrative, giustifica  l’esistenza di un regime di decadenza che ha ragion d’essere per la  prima ipotesi, ma non per la seconda. Conseguentemente, poiché  le fattispecie non sono identiche e neppure simili, deve concludersi  che l’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 non è compreso fra quelle  «norme previste per la esazione delle imposte dirette» cui rinvia  l’art. 27 della legge n. 689 del 1981. Sicché, alla riscossione di  sanzioni amministrative a mezzo di ruolo esattoriale non si applica  il regime di decadenza ivi previsto.  Va quindi affermato il seguente principio:  “L’esecuzione forzata intrapresa sulla base di una ordinanza- ingiunzione per la riscossione di sanzioni amministrative, benché si  svolga secondo le norme previste per l’esazione delle imposte  dirette (in ragione del rinvio ad esse contenuto nell’art. 27, comma  1, della legge n. 689 del 1981), non è soggetta alla decadenza  stabilita dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, per l’iscrizione a  ruolo dei crediti tributari, ma soltanto alla prescrizione  quinquennale dettata dall’art. 28 della citata legge n. 689 del 1981”.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza  impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in  diversa composizione, che si atterrà al principio sopra enunciato.  La decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità è  demandata al giudice di rinvio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione; cassa la  sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli in  diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle  spese del giudizio di legittimità.

 

 

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