Sebbene non esistano stime ufficiali sull’ampiezza del fenomeno dell’intermediazione illegale e lo sfruttamento lavorativo in ambito agricolo, noto come “caporalato”, da studi condotti sia dai sindacati che da associazioni di volontariato operanti nel settore esso coinvolge oltre 400.000 lavoratori siano essi italiani che stranieri. Il lavoro irregolare nel mondo agricolo, a cui è associato comunemente il caporalato, nell’ultimo decennio è aumentato del 23% rispetto al totale dei settori economici nazionali, aumento legato, in questi ultimi anni, anche al massiccio flusso migratorio, bacino in cui la mano d’opera ha costi bassissimi, tanto che in alcuni casi lo sfruttamento in agricoltura assume contorni del fenomeno della tratta di esseri umani. Al fenomeno è anche ascrivibile una economia sommersa che secondo recenti dati si attesta tra i 14 e 17 miliardi di euro.
Proprio per combattere questo dilagante fenomeno, dal 4 novembre 2016 è in vigore la legge 29 ottobre 2016, n.199, recante “ disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”. Con i suoi 12 articoli la legge n.199 del 2016,oltre a riscrivere l’art.603-bis c.p., che a seguito della legge 14 settembre 2011, n.148 aveva inserito nel Codice Penale il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, introduce la sanzionabilità del datore di lavoro, l’arresto obbligatorio in flagranza di reato, l’ampliamento dell’istituto della confisca, l’adozione di misure cautelari relative all’azienda agricola ove è commesso il reato, l’estensione alle persone giuridiche della responsabilità per il reato di caporalato, nonché l’estensione alle vittime del caporalato delle previdenze previste dal fondo antitratta.
Il restyling dell’art.603-bis del C.P., operato dal Legislatore del 2016, ha riformulato il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro prevedendo la pena della reclusione da uno a sei anni e una multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato dal “caporale”, ovvero per colui che recluta manodopera per utilizzarla presso soggetti terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno, venendo meno, rispetto alla precedente formulazione il riferimento allo stato di necessità. Oggi con la nuova formulazione vengono meno i riferimenti all’organizzazione dell’attività lavorativa, allo stato di necessità del lavoratore soggetto passivo del delitto e la violenza, alla minaccia o all’intermediazione.
Al secondo comma il Legislatore ha previsto come circostanze aggravanti del fatto lo svolgimento dell’’attività di caporalato esercitata con violenza o minaccia sanzionandola con la reclusione da 5 a 8 anni e con una multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Il terzo comma dell’art.603 –bis C.P., al pari della precedente formulazione,comprende i c.d. indici di sfruttamento, ossia una serie di elementi che possono svolgere una funzione di indirizzo probatorio per l’autorità giudicante, in particolare:
- la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto quantità e qualità del lavoro prestato;
- la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3.la sussistenza di violazioni in materia di norme di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4.la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o situazioni alloggiative degradanti.
Il quarto comma dell’art.603-bis C.P. contiene la disposizione relativa alle aggravanti specifiche del reato di “caporalato” per le quali è previsto l’aumento della pena da un terzo alla metà, in particolare sono:
- il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
- il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
- l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.
Rispetto alla vecchia formulazione che prevedeva l’arresto facoltativo in flagranza di reato,oggi il nuovo delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro commesso con violenza e minaccia prevede l’arresto obbligatorio in flagranza,
L’art.603-bis.1 c.p., rispetto alla precedente disciplina contenuta nell’art.600-septies.1,c.p., rimodula, per il reato in esame, l’ipotesi di circostanza attenuate specifica; in particolare l’attenuante riguarda i soggetti che si sono adoperati efficacemente per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove dei reati o per l’individuazione di altri soggetti coinvolti ovvero per il sequestro di somme o altre utilità trasferite. L’attenuante consiste in un aumento dello sconto di pena da un terzo a due terzi e costituisce un aspetto tipicamente processuale che è riconosciuta a chiunque collabori con gli inquirenti. Sempre lo stesso articolo opera un rinvio alle disposizioni contenute nell’art.16-septies del D.L. n.8 del 1991, convertito con modificazione dalla legge n. 82 del 1991,che prevedono la revisione della sentenza quando le circostanze attenuati sono state applicate per effetto di dichiarazioni false o reticenti. Pertanto l’applicazione dell’attenuate specifica prevista dall’art.603-bis.1 c.p esclude l’applicazione dell’attenuate meno favorevole prevista dall’art.600-septies.1. c.p. per colui che si adopera per evitare che il reato venga portato a conseguenze ulteriori o aiuta gli inquirenti.
Il legislatore ha introdotto per il nuovo delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro anche delle misure di carattere patrimoniale attraverso al previsione, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti,della confisca obbligatoria (art.603-bis.2, c.p.), anche per equivalente, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato. Il suddetto articolo fa riferimento alla confisca delle cose che siano il prezzo, il prodotto o il profitto del reato, o , nel caso di impossibilità , è disposta la confisca obbligatoria dei beni di cui il reo ha la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato. La confisca delle cose è esclusa se queste appartengono a persona estranea al reato.
Tra le novità della legge n. 199 del 2016 vi è l’ introduzione di una misura cautelare reale quale quella del controllo giudiziario dell’azienda. Si tratta di una disposizione diretta a garantire il valore commerciale dell’azienda che ha reclutato i lavoratori in contrasto al disposto dell’art.603-bis c.p. nonché il mantenimento dei posti di lavoro. Questa misura contenuta nell’art.3 della legge n.199 del 2016, stabilisce che in luogo del sequestro preventivo ex art.321 c.p.p.il giudice possa disporre il controllo giudiziario dell’azienda ove è commesso il reato di cui all’art.603-bis c.p., quando l’interruzione dell’attività imprenditoriale possa compromettere i livelli occupazionali o compromettere il valore economico della stessa azienda. Con il decreto che dispone il controllo giudiziario il giudice nomina uno o più amministratori giudiziari, scelti tra gli esperti in amministrazione aziendale iscritti nell’Albo degli amministratori giudiziari. Questo amministratore affianca l’imprenditore nella gestione dell’azienda autorizzando il compimento degli atti di amministrazione utili all’azienda, Sempre sull’amministratore incombe l’onere di impedire il verificarsi di situazioni di grave sfruttamento lavorativo e quello di verificare il rispetto delle condizioni di lavoro del personale al fine di evitare situazioni che possano sfociare nel reato ex art.603-bis c.p., nonché la regolarizzazione dei lavoratori che prestano la loro attività in assenza di un regolare contratto di lavoro. Della sua attività l’amministratore giudiziario deve relazionare, con cadenza trimestrale, al giudice.
Altra novità è costituita dall’inserimento del delitto di cui all’art.603-bis c.p. nell’ambito dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, di cui al D.Lgs. n.231 del 2001 prevedendo la sanzione pecuniaria tra 400 quote e 1.000 quote a carico dell’ente “responsabile” del reato di caporalato. La nuova disciplina costituisce anche una strumento per prevenire e reprimere i reati tipici delle mafie come il traffico di essere umani in quanto è stato prevista (art.7) l’assegnazione al Fondo anti – tratta dei proventi delle confische disposte a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per il delitto di cui all’art.603-bis c.p.
Infine la legge in esame contiene una serie di disposizioni che intervengono (art.8) sull’art.6 del D.L. n.91 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n.116 del 2014, che ha istituito presso l’INPS la c.d. “rete del lavoro agricolo di qualità” apportando delle modifiche e novità; prevedono (art.9) la predisposizione di un piano di interventi contenenti misure per il supporto logistico ai lavoratori che svolgono attività stagionale di raccolta dei prodotti agricoli, nonché l’inserimento (art.10) di disposizioni in materia di riallineamento retributivo di cui all’art.5, comma 1, del D.L. n.510 del 1996.