La motivazione dell’annullamento dell’Ordinanza del Prefetto di Firenze.
Come avevamo anticipato in un nostro precedente scritto, con la sentenza n°823 del 4 giugno 2019, il TAR Toscana (sez. II) ha annullato l’ordinanza del Prefetto di Firenze prot. n. 0052287, del 9 aprile 2019.
Si premette che, il Prefetto di Firenze, con provvedimento 9 aprile 2019 prot. n. 0052287, aveva disposto il divieto di stazionare nei seguenti diciassette luoghi della città, assurti a c.d. “zone rosse”: area della Fortezza da Basso, nel Parco delle Cascine, via dei Servi, piazza dei Ciompi, via dell’Ariento, via Sant’Antonino, borgo San Lorenzo, piazza del Mercato Centrale, via Nazionale, largo Fratelli Alinari, piazza della Stazione, via Panicale, via Guelfa, via de’ Benci, largo Pietro Annigoni, via dei Pandolfini e piazza San Jacopino. Il provvedimento era operante nei confronti delle persone cui fosse stata contestata la violazione della normativa sul commercio in area pubblica o che risultano denunciate per i reati di percosse, lesioni personali, rissa, danneggiamento o spaccio di sostanze stupefacenti.
Il Tribunale fiorentino ha ritenuto illegittima l’ordinanza (sebbene avesse superato la censura di incompetenza del prefetto: “il Sindaco, nell’esercitare i poteri di ordinanza previsti dall’articolo 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, agisce quale rappresentante dell’Autorità statale. I commi 4 e 4 bis dell’articolo citato, che prevedono e regolamentano detto potere, espressamente stabiliscono che il Sindaco, nell’adottare provvedimenti atti a prevenire ed eliminare i pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, agisce “quale Ufficiale del Governo”. Il sistema disegnato dal legislatore in materia è quello, assimilabile allo schema del servizio pubblico nazionale, nel quale diverse autorità, a diversi livelli, intervengono nella tutela di tali interessi pubblici. In questo contesto non si può tracciare un confine netto tra competenze prefettizie e sindacali e deve invece ipotizzarsi un coordinamento dell’azione dell’una e dell’altra Autorità. Non è inoltre possibile delineare una netta distinzione, come il ricorrente pretende, tra ordine pubblico da un lato e sicurezza urbana dall’altro poiché il mantenimento del primo è presupposto del secondo: in assenza di ordine pubblico non può certo darsi alcuna urbana sicurezza. Ne segue, come correttamente dedotto dalla difesa erariale, che la materia della “sicurezza urbana” può essere considerata come espressione della “sicurezza pubblica” in quanto ne costituisce uno degli aspetti in cui quest’ultima si articola.”) per i seguenti motivi:
- manca la dimostrazione, da parte dell’Amministrazione, dell’insufficienza dei mezzi ordinariamente messi a disposizione dell’ordinamento per affrontare la situazione rilevata (C.d.S. IV, 1 giugno 1994 , n. 467; T.A.R. Sicilia Palermo I , 20 marzo 2009 n. 537).
- Lo strumento (di prevenzione) del divieto di stazionare in determinate aree urbane non può essere utilizzato in via ordinaria poiché, in tal caso, dovrebbe essere previsto da una specifica norma di legge come stabilisce l’articolo 16, primo comma, della Costituzione.
- il provvedimento, stabilisce una irragionevole automaticità tra la denuncia per determinati reati e l’essere responsabile di “comportamenti incompatibili con la vocazione e la destinazione” di determinate aree. Detta automatica equiparazione appare irragionevole poiché non è dato evincere un nesso di consequenzialità automatica tra il presupposto e la conseguenza. In altri termini non è predicabile in via automatica un comportamento di tal genere in capo a chi sia solamente denunciato per determinati reati. Un provvedimento di tal fatta avrebbe dovuto essere formulato in maniera tale da colpire quei soggetti non solo denunciati ma che, per i loro comportamenti, possa ritenersi che concretamente ostacolino l’accessibilità e la fruizione di determinate zone cittadine .Al fine di legittimamente disporre misure incidenti sulle libertà costituzionalmente garantite è necessario che alla denuncia del soggetto interessato (presupposto imprescindibile) si aggiungano altri elementi qualificanti la sua pericolosità, i quali siano concretamente desumibili da precedenti di polizia o altri elementi incontrovertibili.
Insomma, c’è poco da incazzarsi per quest’annullamento; l’ordinanza era stata scritta veramente male e, nonostante ciò, il TAR fiorentino è stato perfino tanto carino (carineria quasi mai riservata ai Comuni) da compensare le spese del giudizio.
TAR Firenze, annullamento ordinanza prefetto Firenze.