La potestà di infliggere sanzioni disciplinari è riservata dall’art. 2106 c.c. alla discrezionalità dell’imprenditore, in quanto contenuta nel più ampio potere di direzione dell’impresa a costui attribuito dall’ars 2086 c.c., a sua volta compreso nella libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. (Cass. 25.05.95 n. 5753).
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 6 febbraio 2015 n. 2330.
Ne consegue che il giudice, pur nel caso sia stato adito dal datore di lavoro per la conferma della sanzione disciplinare e sia stato dallo stesso esplicitamente richiestone, non può convertirla in altra meno grave.
In particolare, l’articolo 2086, codice civile, prescrive che:
Art. 2086.
Direzione e gerarchia nell’impresa.
L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori.
Che rapportato al mondo del pubblico impiego comunale significa che è il Sindaco il capo del Comune, da cui dipendono, dal punto di vista politico e da quello gestionale, gerarchicamente i suoi collaboratori.
Nell’ambito dell’organizzazione comunale, la competenza a irrogare sanzioni disciplinari spetta al dirigente o responsabile dell’ufficio individuato da apposito regolamento.
Il codice civile, applicabile anche al pubblico impiego, prescrive che:
Art. 2104.
Diligenza del prestatore di lavoro.
Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.
Art. 2105.
Obbligo di fedeltà.
Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.
L’inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli suindicati può dar luogo alla applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell’infrazione (cfr. articolo 2016, codice civile).
E quindi nel caso in cui un dipendente mantenga una condotta offensiva ed aggressiva nei confronti di alcune colleghe di lavoro, ma non minacciosa, e comunque diretta non specificamente alle predette, quanto ad un terzo dipendente, addetto alla stessa area in cui lavoravano le due esponenti, si ritiene che sussista l’inadempimento, ma l’applicazione della sanzione disciplina della sospensione di dieci giorni sia sproporzionata, dovendosi applicare una sanzione più lieve, come prevista dalla contrattazione collettiva di riferimento.
di Marco Massavelli