Corretta individuazione delle aree di sosta a pagamento

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La questione trattata dai giudici di legittimità, con la sentenza 9 gennaio 2019 n. 308, riguarda la mancata riserva di una adeguata area destinata a parcheggio libero, mancata riserva che ad avviso del ricorrente, conducente del veicolo sanzionato oer aver sostato in zona a pagamento senza aver ottemperato all’obbligo di pagare la sosta, determinerebbe l’illegittimità delle sanzioni irrogate per violazione dell’articolo 7, comma 1 codice della strada, illegittimo essendo il provvedimento ad esse presupposto, istitutivo di aree di sosta a pagamento.

L’articolo 7, comma 8 codice della strada, infatti, prevede che “qualora il comune assuma l’esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l’installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta di cui al comma 1, lettera f), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta. Tale obbligo non sussiste per le zone definite a norma dell’art. 3 «area pedonale» e «zona a traffico limitato», nonché per quelle definite «A» dall’art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (..) e in altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico”.

Al riguardo è da evidenziare che l’onere di provare l’esistenza di delibere che escludano la sussistenza dell’obbligo della riserva spetta, come ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18575/2018, alla pubblica amministrazione, e nel caso di specie, al Comune che ha deliberato l’installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta, tranne nel caso in cui i luoghi in cui sono state commesse le infrazioni ricadano nella zona definita «A» dall’articolo 2 del d.m. 1444/1968.

In particolare, l’articolo. 2 del citato d.m. recita “Sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765: A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi”.

Si evince, quindi, che il decreto ministeriale rimanda espressamente agli “strumenti urbanistici” la concreta individuazione delle zone territoriali omogenee, così che per stabilire l’appartenenza o meno di una strada alla categoria definita «A» dall’articolo 7, comma 8, codice della strada occorre fare riferimento al piano regolatore generale del Comune.

La Corte di Cassazione, in applicazione dell’orientamento affermato già nel 197, ha precisato che le prescrizioni dei piani regolatori “hanno valore di norma obiettiva di legge” e, pertanto, “si sottraggono al criterio generale disciplinante l’onere della prova, trattandosi di materia non vincolata al principio dispositivo, e valendo invece per essa il principio iura novit curia” (così Cass. 2719/1974).

Ed ha così concluso che se le strade in cui sono state effettuate le violazioni rientrano nella zona «A», essa sia esclusa dall’obbligo di riserva dell’area destinata a parcheggio libero, potendo, così essere prevista l’intera area di sosta soggetta al pagamento.

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