Il diritto penale sanziona quelle illegittimità amministrative che abbiano una struttura formale, cioè che possono essere accertate attraverso un’operazione di raffronto tra fattispecie astratta e fattispecie concreta avente il fine di garantire la verità al giudizio di diritto. Il diritto penale taglia il frammento di realtà definito dall’ordinamento del diritto amministrativo e lo consegna alle sue regole. Punto di abbrivio delle considerazioni che seguono è l’assunzione secondo la quale il reato è una descrizione legale della realtà fenomenica senza alterazione o manipolazione da parte di termini convenzionali o categorie concettuali non estrinsecabili dalla realtà fisica. Nella tipologia dei reati che investono l’atto amministrativo (c.d. reati tecnici) esiste, invece, un livello intermedio dato dall’interposizione di categorie proprie del sistema diverso da quello penale: quello amministrativo.
Il fatto è traslato attraverso l’ingresso di elementi normativi definiti da leggi tecniche-giuridiche. In questo caso il fatto incriminato pur avendo un presupposto naturalistico si configura ricorrendo alla mediazione di un concetto tecnico, il quale, per il tramite di uno schema valutativo identifica l’accadimento fenomenologico sotto una certa qualificazione sociale. Difatti, il diritto è un sistema di regolazione sociale che accanto alla dimensione empirica del fatto considera la dimensione umana e sociale. Se questa è immediatamente espressa dall’accadimento fenomenico, sarà sufficiente ricorrere alle leggi universali che offrono una corrispondenza immediata tra realtà fisica e legge giuridica. Se, al contrario, la dimensione sociale si distacca dal dato sensibile implicando una lettura valutativa dell’accadimento fenomenico il legislatore utilizza leggi della conoscenza che hanno per oggetto l’uomo più che la natura. In questo ultimo caso se si tratta di leggi codificate da discipline tecniche (il diritto, l’economia) la norma impiega termini definiti dai relativi ordinamenti. In questi casi l’interprete deve operare l’integrazione rivolgendosi all’ordinamento cui l’elemento appartiene. Il rinvio serve a dare certezza alla fattispecie. Ciò in quanto la norma disciplina la realtà e la rappresenta in base alla legge che la spiega. Dal tipo di realtà che costituisce oggetto della norma, dipende il tipo di legge che si utilizza. Ciò detto, ogni qual volta che categorie extra-penali assorbono il fatto-tipico si prospetta il problema afferente al contenuto della fattispecie penale e quello consequenziale attinente alla struttura del reato. La cornice teorica ove inquadrare il problema involge le riflessioni che muovono da una prima impostazione teorica volta a subordinare il diritto penale agli altri rami dell’ordinamento. Tale opzione ermeneutica muove dalla concezione sanzionatoria del diritto penale, si basa sul principio di sussidiarietà e sostiene che la legge penale rinvia formalmente ai concetti di matrice extrapenale dei quali assorbe la definizione e la disciplina. Postula un fenomeno di ricezione che merita intervento soltanto sul fronte sanzionatorio. Una seconda impostazione teorica muove dal dichiarato intento di affrancare il diritto penale da modelli dogmatici degli altri ordinamenti giuridici promuovendone il carattere autonomo. In base a tale impostazione i concetti utilizzati dal diritto penale devono trovare compiuta analisi in tale sede prescindendo da quelle condotte nelle altre. Tra gli estremi in cui si collocano entrambe le menzionate tesi si inserisce l’indirizzo ermeneutico intermedio che muove dalla nozione codificata del concetto di riferimento, lo inserisce all’interno della fattispecie penale e ne verifica il funzionamento. La concezione si muove tra il principio di coerenza e non contraddizione attraverso il quale si postula che allorquando l’ordinamento impiega entità tecniche già definite l’uso che di esse se fa deve essere costante e il principio del sistema o di specializzazione ad avviso del quale la specializzazione del diritto penale esclude che debbano interpretarsi i termini in modo costante ma postulano, di converso, l’asservimento ai dettami della Costituzione. Pertanto il dissidio tra le posizioni estreme va inteso nella prospettiva costituzionale tesa all’attuazione dell’uguaglianza sostanziale e in virtù della mutata sensibilità politica e sociale. La concezione intermedia ha il pregio di tendere verso il raggiungimento del minor grado di approssimazione poiché nei reati che involgono concetti appartenenti ad altri rami del diritto è immanente un margine di incertezza. Si può sempre discutere degli elementi caratterizzanti la fattispecie. Ma l’operazione fa capo ad una sequenza conoscitiva che ha come punto di partenza il concetto extrapenale che viene trasposto nel diritto penale (il c.d. elemento normativo del fatto). Quindi, il referente giuridico viene acquisito poi deve essere revisionato gnoseologicamente e riletto alla luce dei principi di materialità, offensività necessità, determinatezza in senso empirico onde colmare quel profilo di ambiguità che ha nell’ordinamento di appartenenza. Le categorie del diritto amministrativo sono utilizzate nel diritto penale quando il precetto penale viene costruito mercé il riferimento a concetti extrapenali (norme penali in bianco) ovvero nelle ipotesi in cui la fattispecie sia descritta attraverso concetti giuridici (elementi normativi). Con la precisazione, che la differenza tra norme penali in bianco ed elementi normativi è abbastanza sottile e non si può ricavare dalla struttura logica della disposizione incriminatrice, (fatto-norma- effetto) in quanto, in entrambi i casi si tratta di porzioni inscritte nelle norma incriminatrice. Per stabilire se quelle porzioni identificano il fatto o il precetto, sebbene entrambi, stanno nella formulazione linguistica si distingue all’interno della formulazione linguistica sessa, una porzione che attiene alla sua funzione imperativa e una porzione che attiene alla delimitazione dell’area tipica dell’incriminazione. Dunque, si fa gioco su concetti valoristici distinguendo la norma-fatto dalla norma-precetto, che non si può cogliere sul piano del testo linguistico. Pertanto, in termini di teoria generale le norme penali in bianco sono quelle in cui la norma extrapenale integra il precetto, gli elementi normativi della fattispecie sono quelli in cui la norma integra la descrizione del fatto. Il ruolo che assume l’atto amministrativo nella fattispecie di reato, può ricostruirsi attraverso la duplice conformazione che esso può rivestire all’interno delle fattispecie a cui viene ascritto. In particolare, si configura una rilevanza esterna allorché l’atto si colloca al di fuori della fattispecie e una rilevanza interna allorché l’atto integra uno degli elementi della fattispecie penale. Tre sono le ipotesi di rilevanza esterna dell’atto amministrativo, rispettivamente: atti normativi sub-legislativi che concorrono a definire l’ambito dell’incriminazione (es. i regolamenti, o atti normativi che integrano le norme penali in bianco); provvedimenti rilevanti nell’ordinamento penale di carattere processuale (es. il provvedimento di ammissione all’oblazione, il provvedimento dell’autorizzazione a procedere); infine si tratta di atti che intervengono ad estinguere il reato (es. la concessione in sanatoria). Nell’ambito del perimetro di rilevanza interna dell’atto amministrativo emergono le ipotesi nelle quali l’atto amministrativo può costituire: la condotta (reati atto) quando l’illecito tende a concentrarsi sull’attività amministrativa illegittima (abuso di ufficio o rifiuto o omissione di atti d’ufficio); una modalità della condotta (reati in atto), quando uno dei segmenti oggettivi dell’illecito consiste nell’adozione di un atto amministrativo illegittimo (corruzione propria) o legittimo ma illecitamente oggetto di scambio (corruzione propria); quando costituisce oggetto materiale della condotta (reato su atto: l’atto entra a far parte del fatto tipico costituisce un presupposto della condotta); un presupposto della condotta negativo (costruzione senza concessione edilizia) o positivo (l’inosservanza dei provvedimenti legalmente dati dall’autorità). Nelle prime due ipotesi l’atto entra nella descrizione del fatto tipico ed assume il ruolo di elemento costitutivo. Il significato di atto nel diritto penale cambia il significato tecnico-giuridico proprio, assunto dal diritto amministrativo. In diritto amministrativo la categoria dell’atto amministrativo rappresenta un atto giuridico proveniente da un’autorità amministrativa nell’esercizio della funzione pubblica, ed indica gli atti strumentali, serventi, ausiliari che nell’ambito di un procedimento amministrativo precedono o preparano la decisione o la seguono o ne assicurano l’efficacia. Per ragioni di compiutezza è opportuno segnalare, che nell’ordinamento amministrativo non si rinviene una disciplina generale che definisca e regoli la funzione e gli effetti del provvedimento amministrativo. Ciò è dato dalla frammentarietà del sistema e dalla invasiva presenza dei principi di legalità, tipicità, e nominatività che governano l’azione amministrativa. Infatti, il garantismo imposto dalla necessità di scongiurare abusi di poteri da parte dell’amministrazione, richiede che per ogni atto amministrativo intervenga una norma di legge che regoli la legittimazione dell’organo deputato ad adottarlo, il fine da perseguire, le forme e gli strumenti per attuarlo. Sicché, ogni norma attributiva di poteri funzionali ad organi o ad enti pubblici è di per sé espressiva di un sistema conchiuso che ne individua e definisce ogni aspetto strutturale ed operativo. Infatti la stessa norma funge da parametro di verifica del rispetto dei presupposti e dei limiti formali e sostanziali imposti all’esercizio del potere funzionale nel suo tradursi in atto a fini di controllo e di verifica giustiziale e giurisdizionale. Del resto anche nei casi in cui la norma conferisca all’amministrazione un certo margine di discrezionalità le sue scelte non sono mai libre perché il fine e la causa giustificativa del potere funzionale vengono sempre da essa definiti e costituiscono invalicabili limiti esterni. Quando il diritto penale adatta il significato di un termine extragiuridico non si porta dietro le diverse classificazioni esistenti nella materia da cui attinge, le incertezze. Nel diritto penale la nozione di atto amministrativo è una formula astrattamente idonea a designare qualsiasi attività della pubblica amministrazione e dei soggetti equiparati (come l’attività paritetica ex art. 1 comma 1 bis L. 241/90 e l’attività mista ex art. 11 L. 241/90 qualora siano preordinati al perseguimento dell’interesse pubblico) estendendo la nozione tanto da farle ricomprendere anche i comportamenti, gli accordi sostitutivi di provvedimenti e l’attività negoziale. Il giudizio penale effettua un giudizio di fatto tecnico, poiché, la rilevanza dell’atto nell’ordinamento penale è legata alla capacità di integrare una condotta di reato. Ciò che rileva è il fatto e l’evento L’area di determinatezza empirica: la realtà. Quanto suesposto consente una riduzione del campo di visuale e la messa a fuoco, in primo luogo, della rilevanza dei valori propri dell’organizzazione e dell’azione amministrativa, assunti quali beni giuridici delle norme penali. In secondo luogo, l’analisi involge riflessioni volte a delineare la questione afferente al contenuto della fattispecie penale che utilizza elementi normativi desunti dal diritto amministrativo e relativa interpretazione. Punto di abbrivio è l’inquadramento del diritto amministrativo quale sistema giuridico volto a regolare situazioni complesse e bilanciare molteplici ed eterogenei interessi, in base a valutazioni di ordine socio-politico ed economico, con la conseguenza che già la disciplina giuridica del reale avviene tramite la mediazione del provvedimento o del contratto nell’ambito dell’attività di diritto privato. In breve, il diritto amministrativo tutela il c.d. interesse generale, definito dalla sintesi degli interessi che rilevano in una data realtà qualificata dall’ordinamento giuridico, all’esito di una funzione attribuita ad un soggetto pubblico al quale statuisce un compito. Ciò posto occorre procedere all’individuazione dei principali interessi istituzionali del settore pubblico amministrativo la cui tutela è realizzata elevandoli a oggetto giuridico di reato. I beni che vengono in rilievo s’identificano nei principi fondamentali dell’amministrazione. Nel titolo II, della parte speciale del codice penale l’oggetto della tutela è individuato nella pubblica amministrazione, con ciò volendosi designare le attività funzionali dello Stato e degli altri enti pubblici, e dunque, si configura come bene giuridico funzionale, consacrato nell’art. 97 Cost., il buon andamento dell’amministrazione pubblica. Mentre l’imparzialità anch’essa richiamata nell’art. 97 Cost. costituisce una regola di condotta, cioè uno strumento per consentire il buon andamento da intendersi come capacità di perseguire i fini ad essa assegnati dalla legge ovvero con massima aderenza all’interesse generale. Indubbiamente il bene giuridico in questione è di natura assai ampia e le sue lesioni possono in gran parte meritare la sola sanzione amministrativa, pertanto è fondamentale nella descrizione dell’illecito penale precisare le specifiche condotte lesive meritevoli di sanzione, ed in tali termini è giustificato il richiamo, a fondamento dell’intervento penale, alla violazione di peculiari doveri di legalità, rettitudine e imparzialità dei pubblici ufficiali. La materia, a causa dell’indiscutibile difficoltà in cui s’imbatte il funzionamento dell’apparato amministrativo che storicamente appare tanto oneroso quanto inefficace, è stata oggetto di diversi interventi legislativi alla ricerca di un corretto equilibrio tra le esigenze di legalità e quelle di un efficiente funzionamento della macchina pubblica.
Mimmo Carola