Nel caso preso in esame dal T .A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, sent., 23 maggio 2019, n. 852. Il Comune di Lecce aveva dichiarato l’inefficacia della SCIA per l’attività di somministrazione, mediante apparecchi automatici, su area pubblica, in luogo di una preesistente attività di vendita di giornali e riviste.
Il Comune di Lecce aveva precedentemente concesso l’occupazione del suolo pubblico per l’installazione di un chiosco per la vendita di giornali e riviste e rilasciata la relativa autorizzazione amministrativa, sottraendo il suolo alla collettività con un preciso vincolo di destinazione impresso con l’atto concessorio facendo le opportune valutazione sulla compatibilità che venivano valutate ad hoc. Il Giudice amministrativo, giustamente ha ritenuto che “la concessione di una porzione di suolo pubblico al fine di esercitare un’attività commerciale ne comporta la sottrazione all’uso generale e diretto da parte della collettività. Si configura, in tal caso, un uso particolare ad opera del concessionario. Proprio per tale ragione la normativa in materia di commercio su aree pubbliche subordina l’esercizio del commercio (ovvero la vendita di merci al dettaglio e/o la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande) su aree pubbliche non solo al rilascio di un’autorizzazione ma anche alla concessione d’uso del bene. L’autorizzazione può, infatti, essere rilasciata solo se sia disponibile un’area pubblica destinata all’esercizio del commercio (salva l’ipotesi che questo sia esercitato in forma itinerante). Nello specifico con la concessione di suolo pubblico si attua anche una valutazione di compatibilità tra l’esercizio del commercio e la destinazione del bene pubblico che consiste nell’accertare la conformità dell’uso particolare concesso al privato commerciante rispetto all’uso collettivo: in tanto si giustifica la concessione dell’uso particolare in quanto consente una migliore fruizione collettiva dell’area pubblica da parte degli utenti. Tale porzione di suolo veniva, quindi, concessa solo ed esclusivamente per esercitare un’attività commerciale di vendita di riviste e giornali, in coerenza con il quieto orientamento giurisprudenziale secondo cui l’Amministrazione può scegliere la destinazione del bene demaniale valutando l’interesse pubblico prevalente. Alla concessione di suolo pubblico faceva seguito il rilascio di autorizzazione amministrativa. Seguiva, poi, il Piano comunale di localizzazione dei punti ottimali ed esclusivi di vendita dei quotidiani e periodici, approvato con delibera di C. C. 9 del 6.2.2003 che confermava il chiosco di via XXV Luglio quale punto ottimale tenuto alla vendita esclusiva di riviste e giornali. Di conseguenza l’attività prevalente deve rimanere quella della vendita di quotidiani e periodici salva al più la possibilità di destinare solo una parte della superficie di vendita alla erogazione di servizi di interesse pubblico (es. informazione e accoglienza turistica, commercializzazione di prodotti diversi da quelli editoriali).”.
Il legittimo divieto di prosecuzione delle attività, previste nella S.C.I.A. , è avvenuto, da parte del Comune di Lecce, in base alla circostanza che la società Lapi S.r.l. intendeva mutare l’oggetto specifico della vendita, nonostante la medesima società avesse la disponibilità del chiosco di cui trattasi in base a precedenti concessioni della P.A. che espressamente prevedevano, quale attività commerciale da svolgere nel predetto chiosco, unicamente quella di vendita di giornali e riviste e non quella di somministrazione di alimenti e bevande. Se è vero che in via generale l’attività di somministrazione può essere intrapreso anche con SCIA in mancanza di motivi ostativi è anche vero che tale principio non è applicabile quando l’esercizio dell’attività deriva da un atto presupposto che è “ la concessione del bene Pubblico”. La concessione di occupazione di suolo pubblico originariamente assentita dall’Amministrazione resistente riguardava la rivendita di riviste e giornali, sicchè per variare l’attività da svolgere occorre una nuova concessione di occupazione dell’area pubblica in discorso anche in relazione alla res venduta”.
tar puglia, lecce, sez III sentenza 852 del 23 maggio 2019