I vizi meramente formali del verbale non hanno effetto invalidante.

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Con ricorso depositato presso la Cancelleria del Giudice di Pace di un automobilista proponeva opposizione avverso l’ordinanza prefettizia per violazione art. 173 bis C.d.S., commi 2 e 3, per avere fatto uso di telefono cellulare durante la guida.

Il ricorrente articolava una serie di motivazioni, tra le quali l’omessa motivazione in violazione all’art. 204 C.d.S., comma 1, in quanto la Prefettura aveva pedissequamente confermato l’operato della Polizia Municipale. Secondo la Suprema Corte , anche questo motivo è infondato. Il ricorrente aveva proposto ricorso alla Prefettura avverso il verbale in questione, proponendo in quella sede tutte le sue difese, indicando quindi specificamente le eventuali nullità o irregolarità del verbale, del cui contenuto/esistenza non si discuteva. All’esito del procedimento la Prefettura aveva respinto le sue doglianze. Di qui la successiva opposizione presso il giudice di pace, che vedeva già definite le posizioni delle parti e individuato l’ambito delle contestazioni. “Sulla vicenda specifica oggetto della contestazione (osserva il collegio), il contraddittorio si è sviluppato ampiamente presso i giudici di merito, risolvendosi le censure della ricorrente in mere contestazioni formali, che non si sono tradotte in alcun modo in violazioni (e nemmeno limitazioni) del uso diritto di difesa, stante l’evidente ampiezza e chiarezza della motivazione della decisione, specie del giudice di appello”.

Ne deriva la massima che “In tema di violazioni del CdS, il verbale di contestazione deve specificare, a pena di nullità, gli elementi indispensabili a garantire la completezza della contestazione e ad assicurare l’esercizio del diritto di difesa. I vizi formali dell’atto rilevano solo in quanto ostativi all’espletamento della tutela difensiva e cioè impediscano illegittimamente al cittadino, di opporre alla P.A. procedente le ragioni giustificative del comportamento contestatogli, la propria estraneità al fato o l’insussistenza dello stesso”. Cass. civ. Sez. VI – 2, Sent., 24-06-2016, n. 13174

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