La questione riguarda la possibilità di considerare l’uso del sale residuo dalle operazione di salagione delle carni come sottoprodotto e non come rifiuto, nel caso di utilizzo dello stesso per prevenire la formazione del ghiaccio sulle strade.
Il tribunale di Avezzano con sentenza n.515/2013 del 27 settembre 2013 ha condannato il sig.G.M. alla pena di €.5.000,00 per il reato previsto dall’art.256,comma,1,lett.a) del D.Lgs. n.152 del 2006, per avere effettuato attività di deposito, di smaltimento e di commercio di rifiuti, avendo ceduto a terzi, in assenza di autorizzazione, il sale derivante dalla lavorazione delle carni eseguita presso il proprio stabilimento, dopo averlo stoccato sul piazzale del proprio opificio. Avverso tale sentenza con un unico motivo di ricorso il G.M. eccepisce l’omessa considerazione, da parte del giudice di prima cure, del fatto che il sale residuato dalle operazioni di salagione delle carni effettuata presso la propria fabbrica manca delle caratteristiche di rifiuto, ma possiede quelle di sottoprodotto, così come definito dall’art.183,lettera p), del D.Lgs. n.152/2006, sicché non è possibile applicare nei suoi confronti la normativa contenuta nell’art.256 del D.lgs.152/06.
La Cassazione con la sentenza n.7899 del 23 febbraio 2015,ha accolto il ricorso proposto da G.M. perché il fatto non sussiste, in quanto il Tribunale ha ritenuto erroneamente di dovere escludere la natura di sottoprodotto al sale residuato dalla salagione delle carni eseguita presso il proprio stabilimento, sebbene sia risultato che tale sostanza avesse tutte le caratteristiche per essere ritenuta tale.
Il Tribunale, continua il giudice di legittimità, ha erroneamente mancato di attribuire la qualifica di sottoprodotto al sale residuato dalla operazione di salagione delle carni effettuata presso lo stabilimento del G.M., da questo stoccato sul piazzale antistante il suo opificio e destinato successivamente ad essere ceduto agli enti locali per essere utilizzato per prevenire la formazione del ghiaccio sulle strade comunali.
E’ utile richiamare i principi legislativi che disciplinano questa materia. Il D.Lgs. n. 205 del 2010, entrato in vigore il 25 dicembre 2010, ha apportato rilevanti novità al D.Lgs. n.152 del 2006, tra le quali la modifica della nozione di sottoprodotto. La categoria dei sottoprodotti oggi è disciplinata dall’art.184-bis del D.Lgs. n.152/06 ed è definita dall’art.183,lettera qq) del medesimo D.Lgs., il quale si riferisce a “qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’art.184-bis,comma 2”.
Pertanto l’art.184-bis al primo comma stabilisce che è sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto e’ originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non e’ la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) e’ certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo e’ legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
Ritornando ad esaminare la nostra problematica è sottoprodotto, e quindi non rifiuto in senso normativo, qualsiasi sostanza che trae origine da un processo di produzione, di cui sia parte integrante, sebbene non ne costituisca la finalità; che sia destinata con certezza ad un successivo uso, legittimo e non nocivo per la salute e per l’ambiente, per il quale non necessiti alcun ulteriore trattamento.
Pertanto, conclude la Cassazione, siamo in presenza di materiale utilizzato nel processo produttivo, volto ad assicurare la conservazione delle carni e pertanto non costituente lo scopo di quello, che può essere riutilizzato, meritoriamente, per evitare il formarsi del ghiaccio sulle strade dei Comuni vicini allo stabilimento, ai quali viene ceduto gratuitamente dal G.M., senza ulteriore trattamento e senza alcun apprezzabile nocumento né per la salute né per l’ambiente.