Sul termine per completare gli accertamenti sanzionatori amministrativi torna la Cassazione, sezione lavoro. I 90 giorni di cui all’art. 14 (L.689/1981) decorrono dal completamento dell’accertamento.

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La Legge n. 689 del 1981, art. 14, comma 2 dispone che “Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento”.

il tema del termine massimo entro cui notificare il verbale, resta sempre dolente e le polemiche, ricorrenti. Su questo sito, già lo scorso febbraio, avevamo avuto occasione di segnalare un importante arresto del Consiglio di Stato (sentenza alla cui lettura si rinvia: Termine per accertare illeciti amministrativi).

Ad ogni buon conto, anche i giudici ordinari sembrano accogliere la teoria ben patrocinata dal Consiglio di Stato, ritenendo che il termine di 90 giorni previsto dalla legge meriti una interpretazione più performante.

 Secondo la costante e consolidata giurisprudenza della Cassazione (confermata da ultimo da Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-04-2014, n. 7681) tale disposizione, nel riferirsi all’accertamento e non alla data di commissione della violazione, va intesa nel senso che il termine di 90 giorni comincia a decorrere dal momento in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie, l’attività amministrativa volta a verificare tutti gli elementi dell’infrazione. L’accertamento non coincide quindi con la generica ed approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare, secondo le modalità previste dall’art. 13, l’esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione, e richiede la valutazione dei dati acquisiti ed afferenti agli elementi dell’infrazione e la fase finale di deliberazione, correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita ed a valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione (ex plurimis Cass. n. 26734/2011 e n. 25836/2011).

 

Al fine di comprendere la portata di tali affermazioni, occorre tenere presente che il procedimento di accertamento della violazione è finalizzato a consentire all’amministrazione di avere piena contezza degli estremi, oggettivi e soggettivi, della condotta realizzata, nonchè della sua ricomprensione nella fattispecie astratta prevista dalla norma sanzionatoria. La correttezza e completezza dell’accertamento rispondono quindi sia all’interesse pubblico connaturato alla funzione pubblica svolta dall’ente accertatore, sia all’interesse dello stesso autore della condotta al fine di un’adeguata ponderazione della sua (eventuale) responsabilità. A tale esigenza si contrappone peraltro quella dell’ipotizzato autore della condotta di vedere concluso l’accertamento in tempi brevi, sia per definire la propria posizione incerta sia per poter eventualmente apprestare una pronta ed adeguata difesa. Nel contemperamento di tali esigenze, occorre quindi effettuare una valutazione di ragionevolezza dei tempi impiegati per l’accertamento, al fine di ritenerne la complessiva congruità (o meno) rispetto alla duplice esigenza sopra individuata. In tale ambito assumono rilievo tutte le complesse attività finalizzate all’accertamento, tra cui rientrano non solo gli atti di indagine effettuati, ma anche il tempo necessario all’amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi già acquisiti, onde ritenerne l’incidenza e la sufficienza ai fini della completa disamina di tutti gli aspetti della fattispecie, nonchè gli atti preliminari che non hanno sortito effetto (come le convocazioni di informatori che non hanno avuto esito).

Pino Napolitano

P.A.sSiamo

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