Quesito; Home restaurant in ville vincolate.

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Domanda: Buonasera comandante scusatemi sempre ma avrei bisogno di un chiarimento: gli home restaurant non sono disciplinati ma credo che devono presentare scia comunque e se esercitano in ville sottoposte a vincolo, come quelle vesuviane, devono avere autorizzazione sovrintendenza. Grazie

V. A. Uff. Polizia Municipale di S. G. a C.

Risposta:

In premessa riteniamo giusto definire questa nuova forma di somministrazione che, ormai da qualche anno, ha determinato un mutamento delle forme di ristorazione, del tutto diverse da quelle classiche e tradizionali, conosciuta come “home restaurant”, cioè la ristorazione nella propria abitazione per ospiti ed avventori sconosciuti ai quali viene erogato un servizio di ristorazione.

La casa e la propria cucina, per alcune sere alla settimana, si trasformano in ristoranti occasionali, diventando luoghi di preparazione e somministrazione di cibi locali, ricette tipiche tradizionali e caratteristiche della città.

I menù sono preparati dagli stessi padroni di casa che si trasformano in chef o, talvolta, da cuochi conosciuti ed apprezzati, chiamati a preparare la cena, spesso “a tema”, per la serata che sarà anche un’occasione di incontro e scambio culturale tra gli ospiti.

Tali cene, di solito, sono pubblicizzate con messaggi sui social network o sul sito dello stesso home food e prevedono la partecipazione di un numero limitato di persone, con prenotazioni direttamente sul web, con il pagamento di prezzi piuttosto contenuti, considerato che il titolare non deve affrontare spese di gestione del locale, ne versamento di tasse o tributi. Difatti, l’occasionalità di tali eventi gastronomici consente spesso ai proprietari di eludere controlli, fiscalità locale e nazionale, senza richiedere alcun tipo di autorizzazione amministrativa e/o sanitaria.

Ciò posto, veniamo al quesito inviato.

Ad oggi, l’attività in argomento non è disciplinata da alcuna normativa statale, solo alcune regioni hanno adottato norme a livello locale; in Regione Campania non è stata approvata alcuna normativa in materia.

Tale carenza è stata parzialmente colmata dalle indicazioni fornite dal Ministero dello Sviluppo Economico con la risoluzione n. 50481 del 10 aprile 2015, avente ad oggetto “Attività di cuoco a domicilio – Home restaurant – Richiesta parere”.

Con tale parere il Ministero ha, di fatto, equiparato gli home restaurant all’attività di somministrazione di alimenti e bevande, anche se esercitata solo in alcuni giorni dedicati e con ospiti in numero limitato, sostenendo che sono, comunque, “locali attrezzati aperti ai clienti consumatori”.

Ed ancora, poiché a fronte di dette prestazioni è richiesto il pagamento di un compenso, l’attività di ristorazione, ancorché esercitata con le predette modalità innovative, è da considerarsi un’attività economica in senso proprio e non può essere valutata quale attività libera ma deve essere assoggettabile alle stesse disposizioni applicabili a coloro che esercitano attività di somministrazione di alimenti e bevande nei pubblici esercizi.

Nel vuoto legislativo per la regolamentazione degli home restaurant, è stato sostenuto, fino ad aprile del 2015, che l’esercizio di tale tipologia di ristorazione era attività “libera” e non assoggettabile ad alcuna previsione normativa.

Non era, pertanto, necessario richiedere alcuna autorizzazione amministrativa ne sanitaria perché tale forma di ristorazione non era individuabile come “attività commerciale”, ne il cuoco – padrone di casa doveva essere in possesso dei requisiti soggettivi morali, professionali e di idoneità sanitaria.

Con la citata risoluzione, il Ministero ha precisato che per tutti i soggetti interessati dal parere si applicano le disposizioni di cui all’art. 64, comma 7, del D. Lgs. 59/2010 che, ricordiamo, ha sostituito il comma 6 dell’art. 3 della legge 287/91.

Ha concluso il MISE stabilendo che i soggetti che esercitano l’attività di home restaurant devono essere in possesso dei requisiti morali e professionali, ex art. 71 del predetto D. Lgs. 59/2010, e sono obbligati a presentare la Scia ovvero a chiedere l’autorizzazione al comune competente, nel caso di attività effettuate in aree tutelate.

Ma dal momento che il MISE ha stabilito che l’home restaurant “non può considerarsi attività non assoggettabile alle disposizioni applicabili a coloro che esercitano attività di somministrazione di alimenti e bevande nei pubblici esercizi”, riteniamo necessario ribadire che l’esercizio dell’attività necessita di questi ulteriori requisiti:

  • gli operatori con i loro familiari, se addetti alla ristorazione, ancorché operanti nelle proprie abitazioni, dovranno essere in possesso dell’attestato di formazione sanitaria (ex libretto sanitario);
  • certificazione HACCP;
  • registrazione sanitaria ex art. 6, comma 2, Regolamento CE 852/04 in ordine all’igiene delle strutture e attrezzature;
  • obbligo di indicazione dei prodotti allergeni per i cibi preparati e somministrati in attuazione del Regolamento UE n. 1169/2011 e secondo le procedure indicate dal Ministero della Sanità con circolare del 6 febbraio 2015;
  • registrazione INPS e INAIL;
  • partita IVA;
  • rilascio di ricevuta fiscale a fronte del pagamento del servizio di ristorazione.

Si sottolinea, però, che al momento, possiamo solo constatare che a livello nazionale regna il vuoto legislativo più assoluto, eccetto poche regioni che hanno approvato norme regionali; di contro, possiamo affermare per certo che la Regione Campania non ha provveduto ad approvare una legge specifica in merito.

Pertanto in Campania si applicheranno le disposizioni contenute nella predetta risoluzione del MISE n. 50481 del 10 aprile 2015, e quindi configurandosi, a tutti gli effetti come attività di somministrazione di alimenti e bevande, l’attività sarà soggetta alla disciplina di cui alla L. R. 7/2020, Capo V, recante “somministrazione al pubblico di alimenti e bevande”.

Per conseguenza, l’attività sarà soggetta a Scia da presentare al Suap, ovvero ad autorizzazione nel caso in cui l’attività sia esercitata in zona della città soggetta a programmazione o tutela, possesso dei requisiti morali e professionali del titolare, nonché dei requisiti igienico sanitari e della sorvegliabilità di cui al D. M. 564/92.

Per quanto attiene, poi, alla seconda parte del quesito, relativo ai locali storici in cui si svolge l’attività, si ritiene che, trattandosi di ville storiche sottoposte a vincolo, come quelle vesuviane, sia necessaria ed indispensabile l’autorizzazione della sovrintendenza.

Si evidenzia, infine, che trattandosi di una autorizzazione imprescindibile per l’esercizio dell’attività, la scia da presentarsi per l’attività in argomento è da inquadrare quale “scia condizionata” ai sensi dell’art. 19 bis, c. 3, della legge 241/90.

Per conseguenza, tale scia non avrà efficacia immediata ma produrrà gli effetti solo quando sarà rilasciato parere positivo ovvero autorizzazione da parte della sovrintendenza interessata.

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