Progressiva conferma dell’espulsione della retroattività della lex mitior in tema di sanzioni amministrative.

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Progressiva conferma dell’espulsione della retroattività della lex mitior in tema di sanzioni amministrative.

Cass. civ. Sez. II, del  19-05-2022, n. 16276 ci ricorda che l’indirizzo tradizionale della giurisprudenza di legittimità afferma che in tema di sanzioni amministrative, i principi di legalità, irretroattività e di divieto di applicazione analogica di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 1, comportano l’assoggettamento della condotta illecita alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore più favorevole, sia che si tratti di illeciti amministrativi derivanti da depenalizzazione, sia che essi debbano considerarsi tali ab origine, senza che possano trovare applicazione analogica, attesa la differenza qualitativa delle situazioni considerate, gli opposti principi di cui all’art. 2 c.p., commi 2 e 3, i quali, recando deroga alla regola generale dell’irretroattività della legge, possono, al di fuori della materia penale, trovare applicazione solo nei limiti in cui siano espressamente previsti dal legislatore (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 24850 del 2019, Sez. 6-2, Ord. n. 29411 del 2011). A tal proposito deve richiamarsi la sentenza della Corte Costituzionale n. 193 del 2016 che ha ritenuto il suddetto principio, consacrato nella L. n. 689 del 1981, art. 1, non in contrasto con l’art. 3 Cost. e art. 117 Cost., comma 1, quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 7 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, corrispondente sostanzialmente all’art. 49 CDFUE. Con tale ultima pronuncia, infatti, il giudice delle leggi ha ribadito in relazione al parametro di cui all’art. 117 Cost., comma 1, che la giurisprudenza della Corte Europea, nell’affermare il principio della retroattività del trattamento sanzionatorio più mite, non ha mai avuto ad oggetto il sistema delle sanzioni amministrative complessivamente considerato, bensì singole e specifiche discipline sanzionatorie, ed in particolare quelle che, pur qualificandosi come amministrative ai sensi dell’ordinamento interno, siano idonee ad acquisire caratteristiche “punitive” alla luce dell’ordinamento convenzionale. La Corte Costituzionale ha altresì precisato che non si rinviene nel quadro delle garanzie apprestato dalla CEDU, come interpretate dalla Corte di Strasburgo, l’affermazione di un vincolo di matrice convenzionale in ordine alla previsione generalizzata, da parte degli ordinamenti interni dei singoli Stati aderenti, del principio della retroattività della legge più favorevole, da trasporre nel sistema delle sanzioni amministrative. Inoltre, sempre nella citata pronuncia, con riferimento all’art. 3 Cost., la Corte Costituzionale ha richiamato la propria giurisprudenza secondo la quale in materia di sanzioni amministrative non è dato rinvenire un vincolo costituzionale nel senso dell’applicazione in ogni caso della legge successiva più favorevole, rientrando nella discrezionalità del legislatore – nel rispetto del limite della ragionevolezza – modulare le proprie determinazioni secondo criteri di maggiore o minore rigore in base alle materie oggetto di disciplina (ordinanze n. 245 del 2003, n. 501 e n. 140 del 2002). Si legge nella sentenza n. 193 del 2016 che la scelta legislativa dell’applicabilità della lex mitior limitatamente ad alcuni settori dell’ordinamento non può ritenersi in sè irragionevole. A questo riguardo, va rilevato che la qualificazione degli illeciti, in particolare di quelli sanzionati in via amministrativa, in quanto espressione della discrezionalità legislativa si riflette sulla natura “contingente” e storicamente connotata dei relativi precetti. Essa giustifica, quindi, sul piano sistematico, la pretesa di potenziare l’effetto preventivo della comminatoria, eliminando per il trasgressore ogni aspettativa di evitare la sanzione grazie a possibili mutamenti legislativi. Il limitato riconoscimento della retroattività in mitius, circoscritto ad alcuni settori dell’ordinamento, risponde, quindi, a scelte di politica legislativa in ordine all’efficacia dissuasiva della sanzione, modulate in funzione della natura degli interessi tutelati. Tali scelte costituiscono espressione della discrezionalità del legislatore nel configurare il trattamento sanzionatorio per gli illeciti amministrativi e risultano quindi sindacabili dalla Corte Costituzionale solo laddove esse trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio, come avviene a fronte di sperequazioni sanzionatorie tra fattispecie omogenee non sorrette da alcuna ragionevole giustificazione. Sulla base delle esposte considerazioni, pertanto, il D.Lgs. n. 72 del 2015, art. 6, comma 2, non si pone in contrasto con l’art. 49 CDFUE e la questione di costituzionalità per violazione dell’art. 3 Cost., e art. 117 Cost., comma 1, è manifestamente infondata.

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