PER AMORE …SOLO PER AMORE

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In  ricordo di Francesco Delvino. Poco più di due anni fa e’ mancato all’affetto delle persone care, Francesco Delvino. Con gli amici più vicini ancora ci domandiamo come ricordarlo e far conoscere il suo pensiero a quanto lavorano in Polizia Locale. Antonio Cito ha ritrovato questo su breve scritto. Sarebbe il caso che, anche chi non ha mai conosciuto Franco, leggesse.

La redazione

PER AMORE …SOLO PER AMORE

Articolo del 28 Settembre 2018

Prendo in prestito il titolo di un meraviglioso libro di Pasquale Festa Campanile del 1984, diventato apprezzato film nel 1993, che raccontava, con la giusta sagacia e ironia, tipica dell’autorevole autore, la vita di Giuseppe, padre irrequieto e predestinato di un figlio che non aveva mai generato…Gesù.

 Per amore …solo per amore ….della divisa che indosso, del mio lavoro, della mia dignità professionale mi permetto di esprimere alcune considerazioni su quanto da Vittorio Sgarbi evidenziato dopo la sua partecipazione all’annuale convegno di Riccione di quest’anno.

Per amore… solo per amore…. Dico GRAZIE (ma solo per una volta) ad un personaggio che… non sopporto, ma che indiscutibilmente riesce a tenere il mercato della propria immagine da oltre 20 anni tra offese gratuite, volgarità, risse televisive, modus vivendi evidentemente discutibile, ma anche sulla base di una vasta base culturale che lo rende difficilmente attaccabile nella sostanza.

Nel suo articolo pubblicato su “Il Giornale” del 22 settembre 2018, Sgarbi, corretto ma polemico (come sempre), pone l’attenzione, non solo semantica, sulla nomenclatura della polizia dei Comuni disquisendo sul valore del termine “municipale”, esaltato dal suo significato d’origine, “munera capere” (prendere decisioni), rispetto ad un più volgare “locale” ormai identificativo unico della categoria.

In realtà la sua preziosa analisi, strettamente dotta, appare minimale, rispetto al peso non solo dottrinale del termine “municipale”. L’errore, non solo semantico, è tutto nostro, nella consapevolezza di aver lasciato spazio agli amici politici ignoranti (inteso come non informati) che hanno accettato di sostenere rivendicazioni di categoria a scapito dei veri principi, intesi come valori condivisibili di lungo periodo.

Tenterò di chiarire, con un tuffo nel passato recente, l’origine del male.

Il 7 ottobre del 2001 uno sparuto numero di Italiani ha confermato con un referendum al limite della decenza amministrativa (mi riferisco al basso numero dei votanti) la modifica del titolo quinto della nostra Costituzione. Tra i tanti cambiamenti intervenuti la materia “polizia locale amministrativa” è passata dalla competenza dello Stato, delegata alle Regioni, alla competenza esclusiva delle Regioni, nel rispetto di un principio di decentramento amministrativo che rendesse più snelle procedure e caratterizzazioni operative.

Taluni hanno criticato la novità normativa ritenendo scomparsa “l’unicità” della polizia municipale (ma quando mai lo è stata!) per far posto a 20 polizie municipali. Altri hanno sposato l’ardua iniziativa sostenendo che il decentramento avrebbe meglio caratterizzato la polizia dei Comuni (e delle Province) rispetto al territorio di competenza.

Per amore… di verità l’unico omicidio che il 7 ottobre si sia stato commesso è quello della legge 65 del 1986: la riforma del titolo quinto della Costituzione ha annullato ogni pretesa di riforma della legge quadro sulla polizia municipale perché costituzionalmente impossibile.

E la categoria come reagisce? Continua tutt’oggi a pretendere una riforma della legge 65/86, continua tutt’oggi a pretendere di ritrovare la propria dignità attraverso una legge nazionale, continua tutt’oggi a chiedere agli amici “ignoranti” di sostenere disegni di Legge anacronistici e anticostituzionali.

Lungi da me dichiarare la propria irreparabile sconfitta, nel più impenetrabile pessimismo, ma sono stati commessi errori a discapito di una grande opportunità che velocemente è volata via.

Le Regioni si sono affrettate a legiferare ordinamenti e regolamenti sulla “polizia locale” (la materia appunto) e la maggior parte dei Comandi si sono altrettanto affrettati ad adeguarsi cancellando i termini sinora usati (municipale, comunale, urbana) per omogeneizzare la nomenclatura identificativa con il termine attribuito alla materia trasferita dallo Stato alle Regioni.

Ma la fretta non è mai portatrice di buoni risultati. Approfittando della riforma costituzionale, le Regioni avrebbero potuto:

  • estendere l’alveo territoriale per l’esercizio delle funzioni attribuite, non limitandole al territorio comunale
  • promuovere una rivisitazione delle divisioni territoriali per organizzare dei corpi di polizia dei Comuni, attivi anche dopo il tramonto del sole e non più dei meri servizi a presenza unica praticamente inutili
  • organizzare uffici di coordinamento organizzativo centrali per l’intera Regione per la gestione delle nuove immissioni in servizio, per la formazione di avvio, per l’aggiornamento professionale, per i percorsi di carriera
  • facilitare la mobilità temporanea e definitiva nell’ambito del limite regionale
  • rendere unica la modulistica operativa sull’intero territorio regionale
  • organizzare le centrali operative a livello provinciale

Insomma la riforma costituzionale se da un lato ha assassinato la legge 65/86, dall’altro ha aperto una autostrada per riformare la vera polizia di prossimità, crollata sull’incapacità di avere il coraggio di un nuovo modello organizzativo.

E la colpa è tutta nostra, per incompetenza? Per ignoranza? Per paura? Per amore… solo per amore del certo, incapaci di percepire i vantaggi di un nuovo status esaltante ma anche molto più impegnativo e qualificante.

Io continuo ancora oggi a identificare i corpi di polizia che dirigo con il termine “municipale”, onorato e onorabile non solo dall’origine semantica, ma dalla storia di una evoluzione della autonomia dei Comuni. “Municipale” è l’indicativa specifica di una funzione territoriale che è cosa ben diversa della materia trasferita in competenza esclusiva dallo Stato alle Regioni.

Nel disordine mentale di scopiazzare il modello del bobby inglese o della polizia americana o ancora l’organizzazione del sistema spagnolo, perfezionato in Catalogna, abbiamo dimenticato di avere un incredibile dominio sul nostro destino.

Per cui, posso essere d’accordo o meno con Vittorio Sgarbi, ma sento l’obbligo morale di dirgli, solo per una volta, grazie!

Grazie per aver stimolato un momento di riflessione, nella speranza di imparare dai nostri errori.

 

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