Dopo gli scontri della notte tra il 20 ed il 21 giugno 2017, tra Polizia e gruppi antagonisti (più o meno organizzati), infiamma sulla stampa e sul web la polemica, tra quelli che considerano sbagliata l’ordinanza, sbagliato l’approccio poliziesco al fenomeno, inadeguato il sindaco, inadeguato il questore o in mala fede (questa è una prospettiva non sufficientemente valorizzata, per la verità) molte delle persone coinvolte negli scontri.
Personalmente non conosco i dettagli, né le concrete modalità di sviluppo dei fatti. Quindi non sono in grado di esprimermi su molti dei fatti oggetto di polemica. Ho però pensato che, a monte di ogni riflessione, fosse doveroso leggere la celebrata (e criticata) ordinanza “antimovida” del sindaco (rectius: della sindaca) Appendino. L’ho letta (qui l’allego) e l’ho trovata: ben scritta; equilibrata; istruita sulla base di un robusto supporto motivazionale che ha espresso i fatti e le difficoltà concrete, nella gestione della folla, nel cuore della notte, versante in condizioni di ubriachezza; orientata esclusivamente non ad incidere sulle libertà di circolazione delle persone ma solo a contenere la vendita di alcolici in contesti spaziali ben definiti e circoscritti, per motivi del tutto ragionevoli.
Se per garantire l’attuazione della predetta ordinanza, occorre la Polizia in tenuta anti sommossa, non credo sia colpa della Polizia stessa né di chi abbia coordinato gli interventi; credo –al contrario- che il desiderio di “sballo” superi la pacifica adesione a regole non particolarmente rigide (come quelle lette nell’ordinanza) e spinga il concetto di libertà, oltre il segno dell’equilibrio con il diritto di chi desideri, nel cuore della notte, una certa tranquillità.
Una cosa è sicura: le ordinanza sindacali, declassate per alchimia giuridica del dl 17/2017, dal tema della sicurezza urbana a quello del decoro, dimostrano che non si può pensare di dividere il tema dell’ordine pubblico dal tema della polizia amministrativa locale, pensando che il confine non sia labile e mobile. La faccenda di Torino dimostra che occorre coesione di intenti e sforzi congiunti tra Comune, Prefettura e Questura, in quanto il fenomeno è trasversale.
Se per garantire l’osservanza di una banale ordinanza che vieta la vendita di alcolici dopo le 20.00, in un piccolo pezzo di centro storico, occorre l’impiego della Polizia in tenuta anti sommossa, occorre interrogarsi su come stia sfuggendo di mano la gestione della vita nelle città alle istituzioni preposte alla loro regolazione, piuttosto che cercare responsabili, colpevoli o inadeguati gestori delle concrete azioni verificatesi nella notte tra il 20 ed il 21 giugno a Torino.
Vedo, leggendo qualche commento di sindacati di polizia o di politici torinesi, che i fatti stanno portando alla frattura della coesione istituzionale che aveva garantito l’assistenza della polizia di Stato all’assicurazione dell’ordinanza sindacale.
Se si fa leva su questa frattura, allargandola, sarà bene che i sindaci ricordino che resterà inutile scrivere ordinanze. Non serve lasciare su carta un ordine, occorre farlo rispettare; se le forze chiamate a far rispettare l’ordine vengono delegittimate, all’indomani resteranno i problemi e le sterili enunciazioni di principio.
Comunque sia, allego l’ordinanza; merita una lettura per capire come non si sia disposto nulla di strano.
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