La disciplina autorizzatoria
La singolare controversia, che approda in Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 gennaio 2022, n. 14, trae origine dal rilascio – da parte del dirigente dello Sportello unico attività produttivedel Comune di Civitavecchia – dell’autorizzazione unica ambientale per la costruzione di uno stabilimento di cremazione salme, che prevede, peraltro, l’osservanza di prescrizioni al relativo esercizio.
Rilevano, nel caso di specie, le prescrizioni imposte con il recepimento di un parere, reso dal Sindaco quale autorità sanitaria locale nell’ambito della conferenza di servizi stessa, che impongono alla ricorrente appellante di monitorare a scadenze regolari gli scarichi in atmosfera e di eseguire ogni anno il numero massimo di cremazioni previste “dal piano economico finanziario approvato in sede di gara”, con un numero massimo di ore di attività giornaliera.
Invero, il Sindaco di Civitavecchia aveva espresso il proprio parere, richiamandosi agli articoli 216 e 217 del T.U. delle leggi sanitarie (R.D. 27 luglio 1934, n.1265).
La prima delle norme citate prevede in generale, al comma 6, che chiunque intenda attivare un’industria insalubre di prima o di seconda classe, così come definita nell’elenco allegato alla legge, ne debba dare preventivo avviso al Sindaco, il quale nell’interesse della salute pubblica può vietare l’attivazione stessa ovvero “subordinarla a determinate cautele”. La seconda delle norme citate prevede poi che il Sindaco prescriva“le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo”, che possa derivare da “vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche”.
Ciò posto, il Sindaco ha ritenuto di esprimersi in primo luogo, ritenendo che l’impianto in questione sia assimilabile agli “inceneritori”, che sono industrie insalubri di prima classe, in base alla parte prima, lettera C n. 14 dell’elenco relativo di cui si è detto, così come approvato dal D.M. Sanità 5 settembre 1994.
Inoltre, il Sindaco ha dato atto che non risulta emanato il decreto interministeriale previsto dalla legge 30 marzo 2001 n.130, che ha reso legale la pratica della cremazione, e all’articolo 8 ha, appunto, previsto che “Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell’ambiente e con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sono definite le norme tecniche per la realizzazione dei crematori, relativamente ai limiti di emissione, agli impianti e agli ambienti tecnologici, nonché ai materiali per la costruzione delle bare per la cremazione”. La norma però è tuttora inattuata, e quindi ha lasciato un vuoto normativo in particolare quanto alla disciplina delle emissioni in atmosfera, vuoto che il Sindaco ha ritenuto di colmare esercitando la propria competenza ai sensi del T.U. 1265/1934.
Il Consiglio di Stato, rigettando il ricorso, ha osservato che i forni crematori, con il loro funzionamento producono emissioni inquinanti, costituite in particolare da polveri, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti, tra cui il mercurio sovente presente nelle otturazioni dentarie.
E, ancora: «con tutto il rispetto che l’etica impone per quelle che comunque sono le spoglie mortali di un essere umano, non si può allora negare che questo tipo di emissioni sia in termini chimico fisici del tutto identico a quello prodotto appunto dagli inceneritori citati nel parere del Sindaco».
Appare, quindi, legittimo che il vuoto di prescrizioni creato dalla non attuazione della leggen. 130/2001, sul punto venga colmato con il ricorso alla normativa generale del T.U., tenuto presente che dall’articolo 8 della leggen. 130/2001 stessa emerge inequivocabile la volontà del legislatore, nel senso che la materia venisse disciplinata.
La competenza del Sindaco si deve, quindi, ritenere legittimamente esercitata.
La disciplina sanzionatoria
Il gestore di un impianto crematorio carente dell’autorizzazione per le emissioni in atmosfera è punito, ai sensi dell’articolo 279, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, con la pena dell’arresto da due mesi a due anni o dell’ammenda da 1.000 euro a 10.000.
Il medesimo, in caso di violazionidelle prescrizioni stabilite dall’autorizzazione, dagli allegati I, II, III o V alla Parte Quinta, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all’articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorità competente è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro, alla cui irrogazione provvede l’autorità competente, ai sensi dell’articolo 279, comma 2-bis, d.lgs. n. 152/2006 (comma introdotto dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 183 del 2017).
Infine, il gestore che avvia l’attività senza averne dato la preventiva comunicazione all’autorità competente, con un anticipo di almeno quindici giorni, è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.500 euro, ai sensi dell’articolo 279, comma 3, d.lgs. n. 152/2006 (comma modificato dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 183 del 2017, poi dall’art. 1, comma 1, lettera g), d.lgs. n. 102 del 2020).