“La regola della necessità del rilascio di una concessione – perché vi sia un qualsiasi manufatto incidente sullo stato dei luoghi – si applica pure quando si tratti della collocazione di cartelli pubblicitari (la cui disciplina non è regolata soltanto alle disposizioni del codice della strada, ma anche dagli artt. 3 e 12, del d.lgs. n. 507 del 1993), per effettuare la quale non è sufficiente la presentazione della relativa domanda, dovendosi, al riguardo, pienamente esplicare da parte dell’Amministrazione un’attività valutativa e discrezionale, che si manifesta con atti incidenti su posizioni di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo”.
Il Consiglio di Stato, sezione V, con sentenza 22 ottobre 2015, n. 4857, pare rimettere in ordine (in maniera del tutto involontaria) il complesso e dibattuto tema della possibile applicazione della SCIA al tema della pubblicità lungo le strade; almeno con riguardo a quella porzione di pubblicità che attiene alla fisica sistemazione di manufatti su beni pubblici.
Questo arresto, per quanto quindi fin qui annunciato, ci consola non poco.
La sentenza in epigrafe, tuttavia, dice di più!
Senza addentrarci nel fatto scatenante la vicenda giudiziaria, la sezione afferma: “In caso di pubblicità effettuata su impianti installati su beni appartenenti al Comune o da questo dati in detenzione, l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità non esclude infatti quella della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, nonché il pagamento di canoni di locazione o di concessione, atteso il chiaro tenore letterale dell’art. 9, comma 7, del d.lgs. n. 507 del 1993, in quanto l’imposta comunale sulla pubblicità ha presupposti diversi dalla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, come emerge dal confronto fra gli art. 5 e 38 del d.lgs. citato, che individuano il presupposto impositivo, rispettivamente, nel mezzo pubblicitario disponibile e nella sottrazione dell’area o dello spazio pubblico al sistema della viabilità e, quindi, all’uso generalizzato (Cassazione civile, sez. trib., 27 luglio 2012, n. 13476)”.
Ne deriva che i concessionari del servizio affissioni non potranno mai sentirsi al riparo dalla circostanza che debbono pagare al comune il COSAP….. così come appare incongruo sottrarre, per regolamento locale, questo pagamento…. salvo voler rischiare qualche negativa implicazione contabile.
Pino Napolitano