Il sequestro probatorio è uno dei mezzi di ricerca della prova previsto dal diritto processuale penale, disciplinato dall’art. 253-segg. del Codice di procedura penale italiano. Esso può essere operato dal PM o dalla PG.
L’autorità giudiziaria competente dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose a esso pertinenti necessarie per l’accertamento dei fatti (art. 253 c.p.p.). Laddove non sia possibile l’intervento tempestivo dell’Autorità giudiziaria è consentito agli ufficiali di Polizia giudiziaria (nonché, in casi di particolare necessità ed urgenza, agli agenti di PG, ex art. 113 disp. att. c.p.p.) sequestrare i medesimi beni prima che essi si disperdano nelle more dell’intervento del Pubblico Ministero (art. 354 c.p.p.).
Sul tema di sequestro probatorio la II sez. della Cassazione in sede di riesame è chiamata a verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il fumus commissi delitti in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell’accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria.
Ciò vale evidentemente anche con riferimento all’elemento soggettivo del reato, il cui accertamento nel merito si fonda, come quello sull’elemento oggettivo, proprio sulle ulteriori indagini cui il sequestro probatorio è preordinato. Infatti, richiedere l’esistenza ex ante della prova dell’elemento soggettivo del reato al fine di consentire il sequestro probatorio significherebbe vanificare la portata di tale strumento, che è invece finalizzato proprio alla ricerca della prova.