Il Tar Toscana, nel mese di novembre, si occupa di una questione tipicamente estiva, che i Comuni dovranno tenere in considerazione per la prossima stagione balneare.
Infatti, con sentenza n. 1276, dello scorso 1° novembre, i giudici amministrativi toscani hanno deciso in merito ad una ordinanza comunale che vietata di condurre e far permanere sulle spiagge qualsiasi tipo d’animale, anche sorvegliato e munito di regolare museruola, per tutta la stagione balneare.
Su tale provvedimento insorge una Associazione animalista sostenendo che il divieto di condurre gli animali in spiaggia, anche laddove siano provvisti di guinzaglio e museruola, eccetto che nelle ore notturne (dalle 20.00 alle 08.00) e negli stabilimenti balneari in cui i concessionari abbiano creato delle apposite zone riservate ed ottenuto l’autorizzazione del Comune, contrasta con apposita legge regionale; inoltre l’ordinanza impugnata viola anche il principio di proporzionalità alla luce della giurisprudenza più recente, poiché l’autorità comunale avrebbe dovuto individuare le misure comportamentali ritenute più adeguate, piuttosto che imporre un divieto assoluto di accesso alle spiagge, il quale incide anche sulla libertà dei proprietari dei cani.
La prima questione d considerare è la legittimità attiva: se, invero, nello statuto dell’associazione ricorrente è ricompresa, tra gli scopi perseguiti, la tutela del benessere degli animali, osserva il Collegio che, ai fini del riscontro della legittimazione ad agire, deve aversi unicamente riguardo alla astratta incidenza dei gravati atti sul bene protetto, in relazione alla connessione esistente tra contenuto degli atti impugnati e interessi perseguiti, di per sé legittimante alla relativa impugnazione, mentre la concreta lesione di tali interessi attiene alla fase della valutazione della fondatezza dell’azione quanto a legittimità di tale lesione.
La legittimazione di un’associazione va, invero, declinata sulla base della attinenza della questione al perimetro delle finalità statutarie dell’associazione, richiedendosi che gli effetti del provvedimento controverso siano suscettibili di incisione diretta sul suo scopo istituzionale.
Quanto al merito, il ricorso è fondato.
Infatti, per l’adozione di una ordinanza legittima, è necessario verificare il disposto di eventuali leggi regionali o regolamentazioni locali, e, in generale, comunque, deve ritenersi illegittimo il divieto generalizzato di accesso degli animali sulle spiagge, quanto meno laddove il provvedimento che lo impone non preveda contestualmente l’individuazione di idonei spazi riservati.
Rileva, in particolare, il profilo della violazione del principio di proporzionalità, “che impone alla pubblica amministrazione di optare, tra più possibili scelte ugualmente idonee al raggiungimento del pubblico interesse, per quella meno gravosa per i destinatari incisi dal provvedimento, onde evitare agli stessi ‘inutili’ sacrifici”, atteso che “la scelta di vietare l’ingresso agli animali – e, conseguentemente, ai loro padroni o detentori – sulle spiagge destinate alla libera balneazione, risulta irragionevole ed illogica, oltre che irrazionale e sproporzionata”: l’amministrazione avrebbe dovuto valutare se fosse possibile perseguire le finalità pubbliche del decoro, dell’igiene e della sicurezza mediante regole alternative al divieto assoluto di frequentazione delle spiagge, ad esempio valutando se limitare l’accesso in determinati orari, o individuare aree adibite anche all’accesso degli animali, con l’individuazione delle aree viceversa interdette al loro accesso”.