L’acqua è un bene primario. Si è sempre sostenuto che essa non potesse essere “tagliata” nemmeno ai soggetti morosi, per motivi umanitari su cui non ci si dilunga. Ovviamente chiunque gestisce un servizio pubblico di erogazione deve pur far valere il proprio diritto ad essere pagato, anche per rispetto della maggioranza silenziosa (che poi, magari, s’incazza!) di quelli che pagano puntualmente le bollette.
Su queste premesse il fatto che veniamo a raccontare. L’azienda di gestione dell’acqua pubblica del Salento, aveva tagliato la fornitura di acqua ad un condominio per morosità. Il Sindaco del Comune di Tuglie, per tutta risposta, ai sensi degli articoli 50 e 54 TUEELL, ordinava alla predetta azienda: “di ripristinare immediatamente l’erogazione dell’acqua per le famiglie del Condominio Autogestione ” Tagliamento”, alla via Salvo D’Acquisto nn.5/7, per un periodo minimo di giorni 60, tempo ritenuto necessario affinchè gli inquilini morosi possa effettuare i pagamenti per saldare la morosità maturata nei confronti della stessa AQP per il consumo idrico”.
L’ordinanza in parola viene impugnata al TAR Puglia (sezione Lecce) e la causa viene in decisione nel maggio scorso (T.A.R. Puglia Lecce Sez. II, Sent., 12-05-2016, n. 796).
Questi i tratti salienti della sentenza che, accogliendo il ricorso, bacchetta nuovamente l’uso disinvolto del potere di ordinanza sindacale: “L’emergenza sanitaria o di igiene pubblica cui si riferisce la norma non deve essere determinata da un comportamento deliberatamente inottemperante ad obblighi di legge o anche di natura contrattuale. Da tale punto di vista, l’ordinanza contingibile e urgente non può essere adottata quale strumento alternativo di risoluzione di un contenzioso contrattuale, avente ad oggetto il corretto adempimento di obblighi di pagamento di una fornitura idrica. Se fosse ammessa un’opzione del genere, l’ordinanza in questione perderebbe la funzione che l’ordinamento le assegna, di costituire strumento del tutto eccezionale per porre rimedio a situazioni imprevedibili e straordinarie di pericolo imminente per beni della collettività, che non possono essere diversamente tutelati, ossia con tecniche rimediali di natura ordinaria. Rileva, il Collegio, in proposito, che uno degli strumenti messi a disposizione degli utenti del servizio idrico, nei cui riguardi sia stata disposta la sospensione della fornitura, può rintracciarsi nella possibilità di proporre ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. E, indipendentemente dalla possibilità di chiedere al giudice ordinario un provvedimento cautelare urgente ex art. 700 c.p.c., si deve evidenziare che l’uso anomalo del potere di ordinanza contingibile e urgente da parte dell’Autorità locale disattende gli specifici compiti in materia socio-assistenziale affidati al Comune, che possono giustificare l’esercizio di poteri ordinari, ma non legittimano il riconoscimento di un ruolo al Sindaco nello svolgersi del rapporto d’utenza tra il destinatario della fornitura idrica d il soggetto gestore (si veda, su questo aspetto, T.A.R. Cagliari, sez. I, 29 gennaio 2016, n.80)…. Si deve, dunque, concludere che, l’ordinanza di cui si controverte, per le sue caratteristiche di straordinarietà ed eccezionalità, realizza una consistente deviazione dal principio di tipicità del provvedimento amministrativo ed implica una deroga ai principi generali dell’ordinamento giuridico, che non consentono di farne uso per dirimere un contenzioso di carattere privatistico. In sostanza, si tratta di uno strumento che è e deve restare eccezionale, senza poter essere piegato al soddisfacimento di finalità che si correlano solo ed esclusivamente al manifestarsi di una patologia nei rapporti di utenza tra società fornitrice del servizio idrico e singoli destinatari. D’altra parte, l’uso anomalo del potere di ordinanza, tradottosi in una cattiva applicazione dell’art. 50, commi 4 e 5 del D.Lgs. n. 267 del 2000 emerge anche in relazione alla mancanza di un termine finale di efficacia del provvedimento.Il Collegio rileva, sotto tale angolo visuale, che il ricorso all’ordinanza di necessità ed urgenza si configura quale extrema ratio nell’ordinamento, ossia quale rimedio straordinario che l’amministrazione ha a disposizione per fronteggiare situazioni eccezionali ed imprevedibili, non altrimenti governabili. Questa fisionomia peculiare dell’ordinanza rende necessaria la fissazione di un termine finale di efficacia del provvedimento allo scopo evidente di non istituzionalizzare situazioni emergenziali. Ed invece, nella fattispecie che ci occupa, risulta chiaro non solo il fatto che il potere di ordinanza extra ordinem è stato più volte esercitato dal Sindaco, il che già di per sé contraddice la straordinarietà e l’eccezionalità dello strumento; ma esso manifesta un aspetto di patologico uso del potere, che si rintraccia facilmente nella mancata fissazione del termine finale di efficacia”.