Accesso civico per la tutela di propri interessi defensoriali? non si può fare.

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Un esercente bolognese entra in conflitto con l’Amministrazione comunale, in relazione ad un diniego di estensione della superficie del dehor antistante la sede di esercizio. Innanzi al TAR bolognese la questione viene dedotta sia per far valere l’illegittimità del diniego, che per tutelare il diritto all’accesso civico promosso per sapere “come stanno le cose” per tutti i dehors della città.

Il TAR Emilia Romagna (Sezione Seconda, con sentenza n°645 del 3-10-2017), respinge la prima e la seconda domanda. Qui ci soffermiamo sulla sola questione dell’accesso civico: “Non può essere accolto neanche il motivo relativo all’accesso. Sia la norma statale che il regolamento comunale vietano le richieste indiscriminate per blocchi di atti poiché non si può affermare che chiedere le autorizzazioni di tutti i dehors nel centro storico pari a 520 sia ricollegabile ad una situazione giuridicamente rilevante come richiesto dall’art. 26, comma 2 lett. I), del regolamento per non incorrere nella limitazione. Esistono numerose pronunce del giudice amministrativo, in parte richiamate anche nella memoria del Comune, che escludono l’esistenza di un diritto all’accesso per un numero indeterminato di atti che costringerebbe ad un’attività di elaborazione degli stessi vietata dalla normativa sull’accesso. Le norme sull’accesso civico hanno altre finalità e non si applicano nel caso in cui l’accesso sia motivato dalla necessità di acquisire documenti necessari per la tutela dei propri diritti”.

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