Abuso del titolo e sospensione ex art. 10 TULPS.

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Abuso del titolo e sospensione ex art. 10 TULPS

 

È legittima la sospensione della licenza, ai sensi dell’art. 10 r.d. n. 773 del 1931 (TULPS), non solo nel caso di abuso del titolo ma anche per la mera violazione delle modalità di svolgimento del servizio. Infatti l’autorizzazione di polizia va utilizzata conformemente alle prescrizioni contenute nelle leggi e nelle altre varie fonti sub primarie e la loro violazione costituisce un uso anomalo e quindi un abuso del titolo, da sanzionare alla stregua dell’art. 10 cit.

Secondo T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, 17/03/2017, n. 661, bene ha fatto il SUAP di Milano ad ordinare “la sospensione per giorni 5 del funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro installati nell’esercizio”per appurata violazione -in diverse situazioni- dell’apertura del locale oltre i limiti di orario stabiliti dalla disciplina comunale a tutela dell’ordine sociale e della salute pubblica (fasce orarie 9.00-12.00; 18.00-23,00).

Il ricorrente contestava, in particolare, il potere dell’amministrazione comunale di sospendere l’esercizio dell’attività, “potere che risulterebbe attribuito solo all’autorità di Pubblica sicurezza e che non potrebbe fondarsi sul concorso formale nella violazione della disciplina comunale sull’apertura delle sale giochi, che potrebbe comportare, invece, esclusivamente sanzioni pecuniarie, sempre regolarmente corrisposte dall’interessato”.

Le censure del ricorrente sono state disattese.

“Ed invero, al riguardo il Collegio richiama tutta la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato formatasi sul tema, secondo la quale la normativa in materia di gioco d’azzardo, con riguardo alle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso ai giochi degli utenti, non è riferibile alla competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all’art. 117, comma 2 lett. h), Cost., ma alla tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica, tutela che rientra nelle attribuzioni del Comune ex artt. 3 e 5, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267; la disciplina degli orari delle sale da gioco è infatti volta a tutelare in via primaria non l’ordine pubblico, ma la salute ed il benessere psichico e socio economico dei cittadini, compresi nelle attribuzioni del Comune ai sensi di dette norme; pertanto, il potere esercitato dal Sindaco nel definire gli orari di apertura delle sale da gioco non interferisce con quello degli organi statali preposti alla tutela dell’ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi della comunità locale, con la conseguenza che le rispettive competenze operano su piani diversi e non è configurabile alcuna violazione dell’art. 117 comma 2 lett. h), Cost. (cfr., in particolare, fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794)”.

Inoltre, la titolarità del relativo potere di ordinanza comporta, da parte del Sindaco, un legittimo e più ampio esercizio della propria discrezionalità nell’individuazione delle misure ritenute più efficaci per il perseguimento delle finalità perseguite, senza previa fissazione di vincoli da parte del Consiglio (cfr. Cons. Stato, sez. V, primo agosto 2015, n. 3778).

L’ordinanza di sospensione impugnata si fonda, dunque, essenzialmente sull’abuso del titolo da parte del ricorrente, ai sensi degli artt. 9 e 10 TULPS.

In proposito, è stato affermato che “È legittima la sospensione della licenza, ai sensi dell’art. 10 t.u.p.s. (R.D. n. 773 del 1931), non solo nel caso di abuso del titolo ma anche per la mera violazione delle modalità di svolgimento del servizio. Infatti l’autorizzazione di polizia va utilizzata conformemente alle prescrizioni contenute nelle leggi e nelle altre varie fonti sub-primarie e la loro violazione costituisce un uso anomalo e quindi un abuso del titolo, da sanzionare alla stregua dell’art. 10 richiamato”(Cons. Stato, sez. VI, 29 settembre 2010, n. 7185).

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