I giudici della settima sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 25932 del 12 giugno 2019 hanno affermato che se il veicolo sottoposto a confisca non viene trovato nel luogo di custodia è giusta l’applicazione dell’articolo 334 del codice penale.
IL CASO
Il Tribunale di Palermo all’esito di giudizio ordinario, aveva condannato una persona per il reato di cui all’art. 334, comma secondo, del codice penale alla pena di mesi quattro di reclusione in quanto aveva sottratto dal luogo di deposito un veicolo sottoposto a fermo amministrativo . La decisione veniva confermata dalla Corte territoriale di Palermo e l’imputato proponeva ricorso per cassazione lamentando tra l’altro vizio di motivazione, in quanto la sentenza disattende la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in cui si afferma che l’art. 213, comma quarto, del codice della strada è norma speciale rispetto a quella penale nel caso di beni sottoposti a sequestro amministrativo.
LA DECISIONE
Gli Ermellini ritengono inammissibile il ricorso in quanto l’imputato fonda su una erronea interpretazione del principio affermato dalle Sezioni Unite, come già precisato dai giudici di appello, stante la diversità della condotta- circolazione con veicolo sottoposto a sequestro amministrativo, sanzionata solo in via amministrativa, ipotesi non ricorrente nella fattispecie, rispetto a quella in esame, avente ad oggetto la sottrazione del veicolo, sottoposto a sequestro amministrativo, affidato al proprietario custode e non rinvenuto al momento del controllo per la sottoposizione a confisca. Nessuna depenalizzazione è intervenuta per effetto dell’art. 213 cit., atteso che presupposto per delimitare l’ambito di operatività del principio di specialità è l’esistenza di un concorso apparente di norme che sanzionano, in modo convergente, uno stesso fatto. Questa identità , si sostiene, postula un raffronto tra le due fattispecie, al fine di stabilire se tra le stesse, considerate in astratto, vi sia omogeneità, quanto agli elementi costitutivi dell’illecito, all’ambito dei soggetti attivi, all’oggetto giuridico e all’interesse protetto, salva la presenza nella norma speciale di quel quid pluris che ne determina l’applicabilità in via esclusiva. In difetto di convergenza sullo stesso fatto, allora, non vi è spazio per risolvere, in base al principio di specialità, il concorso tra la disposizione sanzionata penalmente e quella sanzionata come mero illecito amministrativo. E nei rapporti tra l’art. 334 c.p., e l’art. 213 differenti sono le condotte considerate dalle due norme, in quanto la disposizione penale urta una serie di comportamenti, tra loro equivalenti e alternativi, che si sostanziano nella sottrazione, soppressione, distruzione, dispersione, deterioramento della cosa sottoposta a sequestro nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa; mentre la violazione amministrativa contempla un’unica condotta, identificata nella circolazione abusiva del veicolo durante il periodo in cui lo stesso è sottoposto a sequestro disposto ex art. 213. Inoltre diversi sono i soggetti attivi degli illeciti, visto che l’art. 334 c.p. è reato proprio, in quanto punisce il «custode», il «proprietario-custode» o il semplice “proprietario”, mentre l’art. 213 si rivolge genericamente a «chiunque» ed ha come destinatario anche il soggetto che non riveste la qualità di custode o di proprietario. Conclusivamente distinti sono i beni giuridici protetti, laddove la norma del codice penale è finalizzata a predisporre una tutela penale per l’interesse cautelativo proprio del vincolo imposto con il sequestro, che rappresenta un momento di protezione strumentale per il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione in senso lato; invece la previsione dell’illecito amministrativo è rivolta esclusivamente ad impedire l’abusiva circolazione stradale del veicolo sequestralo (tanto da prevede anche, quale sanzione accessoria, la sospensione della patente di guida, tipica del diverso interesse protetto della sicurezza stradale
Corte di Cassazione Penale sezione VII, sentenza n. 25932 del 12 giugno 2019