Rivelazione di segreti inerenti un procedimento penale e rivelazione di segreto d’ufficio. Le differenze per la P.G. come soggetto attivo del reato.

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Rivelazione di segreti inerenti un procedimento penale e rivelazione di segreto d’ufficio. Le differenze per la P.G. come soggetto attivo del reato.

C’è una norma che si è fatta strada nel Codice Penale da oltre 20 anni, ma resta ancora poco conosciuta dagli operatori di Polizia Locale: art. 379-bis. Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (Articolo aggiunto dall’art. 21, L. 7 dicembre 2000, n. 397).

Essa recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso, è punito con la reclusione fino a un anno. La stessa pena si applica alla persona che, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell’articolo 391-quinquies del codice di procedura penale”.

 

Secondo Cass. pen. Sez. VI Sent., 05/11/2021, n. 47210 In tema di reati contro l’amministrazione della giustizia, il reato previsto e punito dall’art. 379-bis c.p., prima ipotesi (che sanziona “chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso”), trova applicazione esclusivamente nei confronti delle persone che, in assenza delle relative qualifiche funzionali di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, non sono già tenute all’obbligo del segreto di cui all’art. 329 c.p.p., la cui violazione trova sanzione nell’art. 326 c.p.; partecipazione ed assistenza attengono alle fasi di formazione o di messa in esecuzione dell’atto processuale – promanante tanto dall’autorità giudiziaria o da suoi delegati ed ausiliari quanto dal difensore nell’ambito delle indagini difensive – ma non a quelle della ricezione dell’atto stesso o di soggezione ai relativi effetti.

Quindi, la “rivelazione”, fatta dalla Polizia Giudiziaria è punita a norma dell’art. 326 cp (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio), secondo cui: “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni” .

 

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