Non si può trascurare la richiesta di rimuovere gli impianti pubblicitari abusivi.

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La presa in considerazione delle istanze dei cittadini è una cosa seria; ciò che conta è che si tratti di una “istanza” e non di una mera “denuncia”, essendo le prime espressione di una posizione di interesse sufficientemente differenziata dalla collettività indifferenziata.

Quindi, non si può più fronteggiare con un indolente silenzio la doglianza di chi rappresenta che su una determinata strada vi sono molti impianti pubblicitari abusivi e chieda al Comune di rimuoverli ripristinando la legalità prescritta dal codice della strada. In TAR Lombardia, Milano, sezione I, con la sentenza 1958 del 9 settembre 2015 ha condannato la Città Metropolitana di Milano al pagamento di 1.500 Euro di spese legali, nel momento in cui ha attestato che il silenzio serbato nei confronti di alcune istanze volte a far rimuovere impianti pubblicitarie abusive erano rimaste totalmente prive di considerazione.

“La giurisprudenza è ormai costantemente orientata nel ritenere che esiste l’obbligo di provvedere, oltre che nei casi stabiliti dalla legge, anche in fattispecie ulteriori nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongono l’adozione di un provvedimento. Si tende, in tal modo, ad estendere le possibilità di protezione contro le inerzie dell’amministrazione pur in assenza di una norma ad hoc che imponga un dovere di provvedere (Cons. Stato, sez. VI, 11 maggio 2007, n. 2318; Cons. Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7975 secondo cui “indipendentemente dall’esistenza di specifiche norme che impongano ai pubblici uffici di pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati, non può dubitarsi che, in regime di trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo sussiste ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l’adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione (art. 97 Cost.), in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia”). In particolare, in caso di richiesta di atti diretti a produrre effetti sfavorevoli nei confronti di terzi, dall’adozione dei quali l’istante possa trarre indirettamente vantaggi (c.d. interessi strumentali) – e tali sono le istanze presentate dalla ricorrente – occorre distinguere tra l’istanza che fa nascere l’obbligo di provvedere e il semplice “esposto”, che ha mero valore di denuncia inidonea a radicare una posizione di interesse tutelata sia dall’apertura del procedimento conclusivo, sia dalla conclusione dello stesso in modo conforme alle aspettative dell’istante. Al riguardo, il criterio distintivo tra istanza (idonea a radicare il dovere di provvedere) e mero esposto, viene ravvisato dalla giurisprudenza “nell’esistenza in capo al privato di uno specifico e rilevante interesse che valga a differenziare la sua posizione da quella della collettività. Occorre, in altri termini, che il comportamento omissivo dell’Amministrazione sia stigmatizzato da un soggetto qualificato, in quanto, per l’appunto, titolare di una situazione di specifico e rilevante interesse che lo differenzia da quello generalizzato di per sé non immediatamente tutelabile. Ove ciò accada, l’eventuale inerzia serbata dall’Amministrazione sull’istanza, assume una connotazione negativa e censurabile dovendo l’Ente dar comunque seguito (anche magari esplicitando l’erronea valutazione dei presupposti da parte dell’interessato) all’istanza”.

In applicazione di questi principi, il Collegio ha ritenuto che, nel caso di specie, sussistesse in capo all’amministrazione un obbligo di provvedere.

 

Sul rapporto tra silenzio, codice della strada ed obblighi di provvedere vedi anche:

Richiesta di installazione di paletti dissuasori alla sosta. Obbligo a provvedere.

Pino Napolitano

 

P.A.sSiamo

 

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