Caro Comune, in fatto di “multe” o ti difendi bene, oppure, anche se hai ragione, finisci in un “giro di schiaffi”. La Cassazione e le strisce blu, nelle dinamiche partenopee della difesa disattenta.

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Con ricorso depositato presso il Giudice di Pace di Napoli un cittadino impugnava dei verbali con i quali le veniva contestata la violazione dell’obbligo di esporre il ticket per la sosta in apposite aree destinate al parcheggio.  Motivi di ricorso erano consegnati alla deduzione dell’assenza, nelle vicinanze dell’area con obbligo del pagamento del ticket, di spazi riservati a parcheggio libero, come richiesto dall’art. 7, comma 8 del codice della strada. Parzialmente questi soccombeva in primo grado e, peraltro, anche in appello veniva a cedere innanzi alla presunta legittimità della violazione.

Il tema dedotto, tuttavia, non era sostanziale né banale, ma formale e rilevante per un giudice attento e per un’amministrazione resistente capace di leggere nelle pieghe del ricorso.

Il ricorrente aveva eccepito –tra l’altro- la mancanza di delibere comunali che qualificassero la via in cui era avvenuta l’asserita violazione, come “area pedonale”, “zona a traffico limitato”, “area rientrante nella zona A del D.M. n. 1444 del 1968”, o come “area di particolare rilevanza urbanistica”; condizioni alternative che avrebbero dispensato il Comune dal delimitare aree di parcheggio gratuito. L’amministrazione non aveva, nel corso dei due gradi del giudizio di merito, contestato questa eccezione, così lasciando aperta una pericolosa via di successo al ricorrente.

La Suprema Corte, con ordinanza n°18575 del 2 settembre 2014, osservava che: “In più occasioni, questa Corte ha avuto modo di ritenere che, nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, l’Amministrazione, sebbene formalmente convenuta in giudizio, assuma sostanzialmente la veste di attrice: “spetta, quindi, ad essa, ai sensi dell’art. 2697 c.c., fornire la prova dell’esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata, mentre compete all’opponente, che assume formalmente la veste di convenuto, la prova dei fatti impeditivi o estintivi”. (Cass. 927/2010; 5277/2007). Una volta dedotta l’eccezione di inesistenza degli atti prodromici alla mancata delimitazione degli spazi destinati a “sosta libera” la parte ricorrente ha esaurito il proprio onere processuale: l’Amministrazione, sollecitata dalla ricorrente, avrebbe dovuto produrre in giudizio le delibere da essa emesse, che prevedevano l’istituzione di spazi adibiti a parcheggio gratuito ovvero quelle che esoneravano il Comune, in forza delle caratteristiche dell’area, dall’obbligo di predisporre libere aree di parcheggio. Queste delibere non sono state prodotte e l’eccezione di inesistenza delle stesse no è stata contestata.

“Va pertanto affermato che nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione del codice della  strada, grava sull’autorità amministrativa opposta, a fronte di una specifica contestazione da parte dell’opponente, che lamenti la mancata riserva di una adeguata area destinata a parcheggio libero, la prova della esistenza della delibera che escluda la sussistenza di tale obbligo ai sensi dell’art. 7 C.d.S., comma 8”.

Vittoria di chi è in torto e buona pace della fatica fatta per strada e nei primi due gradi di giudizio.

Pino Napolitano

 

P.A.sSiamo

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