di Marco Massavelli
Importante “cambio di rotta” della Corte di Cassazione in merito alla falsificazione di un permesso invalidi e al suo utilizzo: il caso, deciso con la sentenza n. 18961, del 20 aprile 2017, riguarda una signora ritenuta responsabile del reato previsto dagli articoli 477-482, codice penale, per aver contraffatto il permesso per invalidi rilasciatole, legittimamente, dal Comune di residenza, eseguendo una fotocopia del documento, ed esponendolo sul cruscotto del veicolo. L’imputata rileva che nella fattispecie mancavano elementi dai quali desumere la oggettività del fatto, osservando che il documento in fotocopia non era stato utilizzato come originale e mancava la condotta tipica della falsificazione, ovvero la riproduzione di un documento inesistente, o l’alterazione di un documento autentico, dato che la medesima era titolare di permesso di invalidità. Nella condotta tenuta dalla signora mancava anche l’elemento psicologico del reato, e cioè il dolo.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, il ricorso è fondato, e la signora deve essere assolta dall’imputazione della quale era stata ritenuta responsabile. Infatti, la contestazione di falso risulta ascritta in riferimento ad un documento costituito dalla fotocopia di un’autorizzazione al parcheggio della quale l’imputata era effettiva titolare: deve quindi ritenersi errata l’applicazione della legge penale, in riferimento agli articoli 477-482, codice penale.
Se è vero che la fotocopiatura a colori del tutto simile all’originale può comportare il ricorrere di una falsificazione rilevante, è altrettanto vero che, pur non costituendone il momento consumativo, l’utilizzo concreto della fotocopia non è del tutto irrilevante nella configurazione del reato di cui agli articoli 477-482, codice penale.
Nel caso di specie risulta che l’originale dell’autorizzazione era detenuto legittimamente dall’imputata, e non poteva esser utilizzato da alcun soggetto diverso dalla titolare, mentre la stessa aveva esposto la fotocopia su di un veicolo noleggiato in occasione di un suo viaggio per ragioni di lavoro.
Ben plausibile deve ritenersi la giustificazione che la fotocopiatura ovviava al pericolo che, durante dei suoi frequenti viaggi, per i quali non utilizzava la sua autovettura, l’originale dell’autorizzazione potesse andare smarrito (e la presenza di due fotocopie nell’auto a noleggio sulla quale si trovava ben può dar conferma della plausibilità di quel timore).
In definitiva l’utilizzo dell’autorizzazione da parte della titolare, esponendo la fotocopia incriminata, qualifica nel senso preteso dalla ricorrente l’azione di fotocopiatura, non come abusiva moltiplicazione di autorizzazione amministrativa, ma come strumento per poter utilizzare tale autorizzazione nei limiti del provvedimento amministrativo, non parendo in contrasto con la funzione dell’atto la mera soluzione del problema di un eventuale smarrimento di un documento fondamentale in relazione alle limitazioni fisiche di cui soffriva la prevenuta e che ne avevano giustificato il rilascio.
La signora deve quindi andare esente dall’imputazione del reato di falso di cui agli articolo 477-482, codice penale.