Il mondo della polizia locale italiana è molto molto vario: abbiamo i vigili e i comandanti sceriffi, i comandanti burocrati, i vigili saccenti della serie “solo io conosco il codice della strada” e poi, per fortuna la gran parte, i professionisti della strada seri e scrupolosi che svolgono il proprio lavoro con riconosciuta stima.
Se spostiamo l’attenzione ai sistemi aggregati, la diffusione di particolari quanto strane e singolari prese di posizione delle varie associazioni sindacali e di categoria, fa riflettere abbastanza su come gli stessi operatori del settore intendano in modo diversificato il mondo della polizia locale.
Da anni si inseguono promesse sulla riforma normativa della polizia locale italiana da un lato invocando una nuova legge quadro (ipotesi assolutamente anacronistica oltre che contraria alla riforma del titolo V della Costituzione) dall’altro mirando a far parlare la stessa lingua ben 20 regioni italiane auspicando nell’efficienza del decentramento amministrativo. Ogni tentativo legiferante in materia di polizia locale ha toppato contro il muro del “chiedo troppo”, quello del “voglio essere una forza di polizia dello Stato” o ancora contro quello del “fai di me ciò che vuoi”. E anche vero che l’inerzia normativa è plausibilmente giustificata nella preoccupazione di pubblicare una legge che rendesse troppo forti i Comuni con le proprie polizie locali.
Qualcosa nel quadro politico nazionale sta cambiando e questo già dal precedente governo: sulla scia dei venti di rinnovamento annunciati dal 2017 (l’anno delle riforme in materia di sicurezza urbana) e sulla base della “spregiudicatezza” d’analisi dimostrata dall’attuale governo che ha posto in essere in breve tempo delle vere rivoluzioni culturali (da quota 100 al reddito di cittadinanza, passando dalle politiche europee sull’immigrazioni, ecc), è possibile prevedere che sia arrivato il momento di dedicarsi con la dovuta attenzione al rilancio della polizia locale quale protagonista del cambiamento nella nuova cultura della sicurezza urbana.
Ed è per questo che le quattro associazioni culturali e di categoria storicamente più rappresentative della polizia locale italiana hanno deciso di abbandonare i propri sterili individualismi e di parlare una lingua unica: questa è la grande novità del 2019!
Piuttosto che andare in pellegrinaggio improprio a Bruxelles o a Strasburgo a chiedere la grazia di essere considerati in Italia, ANVU, ANCUPM, Circolo dei 13 e PASSIAMO hanno sottoscritto un disegno di legge comune sulla polizia locale, sfruttando con abilità e velocità l’invito rivolto dall’On. Carlo Sibilia, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno, eletto nel collegio campano, espressione politica del Movimento 5 stelle, a tutte le associazioni di categoria e sindacali, legate al mondo della polizia locale, ad esprimersi su due disegni di legge: il primo n. 2406 del 26 maggio 2014 (presentato nella passata Legislatura tra gli altri dallo stesso Sibilia) e il secondo n.451 del 3 aprile 2018. In realtà il secondo è un derivato del primo con nuovi accorgimenti normativi, seppur di difficile condivisione.
E così le predette associazioni, grazie ad un patto di ferro fondato sul principio di fornire ai politici di riferimento la forma rappresentativa più ampia della categoria, lavorando intensamente anche nei giorni festivi e a notti inoltrate, hanno scelto di strutturare in unico disegno di legge ciò che di “buono” salvare tra il primo ed il secondo disegno di legge, aggiungendo rifiniture tecniche di raccordo e alcuni interessanti spunti significativi per modernizzare la polizia locale italiana.
Geniale la scelta progettuale adottata, umile, professionale, furba e finalmente concludente, finemente studiata in funzione della richiesta pervenuta: perché mai esprimerci su un disegno di legge “passato in giudicato”, perché presentato nella precedente legislatura? ANVU, ANCUPM, Circolo dei 13 e PASSIAMO hanno percepito il grido di aiuto dell’On. Sibilia che intendeva salvare quanto di buono aveva sottoscritto già nel 2014, aggiornandolo al nuovo disegno di legge depositato lo scorso anno.
Il disegno di legge multicolor (in nero il disegno di legge del 2014, in rosso quello del 2018 e in azzurro le proposte integrative unitarie delle quattro citate associazioni) contiene interessanti novità: si va dall’equiparazione giuridica e contrattuale con le forze di polizia dello Stato, elevendone i requisiti morali di accesso nella Pubblica Amministrazione, all’attivazione degli elenchi regionali di comandanti di polizia locale (unico serbatoio di risorse professionali cui attingere obbligatoriamente per la copertura dei posti). Le Regioni sono chiamate a svolgere un ruolo determinante sullo sviluppo della formazione e dell’aggiornamento professionale obbligatorio per i percorsi di carriera. E’ stato previsto inoltre l’accesso libero alle banche dati nazionali ad uso delle forze di polizia. Questi i contenuti innovativi già presenti nel disegno di legge del 2014, scelto dalle quattro associazioni come asse portante del nuovo progetto normativo.
A queste novità si aggiungono alcune importanti esenzioni: stop al pagamento dei canoni di concessione per impianti radio e per impianti di videosorveglianza (secondo taluni soloni del diritto i Comuni dovrebbero pagare al Ministero dello Sviluppo Economico per sviluppare una maggiore sicurezza urbana), stop al pagamento di pedaggi autostradali per le auto di servizio della polizia locale. I progetti ex art.208 del cds fuori dalla determinazione del calcolo per la definizione del fondo aziendale comunale e categorie e funzioni riconosciute all’atto dell’assunzione estensibili su tutto il territorio nazionale.
Insomma una rivoluzione di contenuti che, se da un alto riempie di soddisfazione la categoria per i riconoscimenti professionali conquistati (conquistabili), dall’altro impegna gli addetti alla polizia locale a qualificare il proprio ruolo in sinergia con le forze di polizia dello Stato ala sistema della sicurezza urbana.
Secondo il nuovo disegno di legge scompariranno in tre anni i servizi di polizia municipale, in quanto le regioni sono chiamate a stabilire una nuova geografia politico economica e sociale dei territori comunali di competenza, obbligando alla unione dei servizi i Comuni al disotto degli 8.000 abitanti affinché creino dei Comandi di polizia locale capaci di garantire un servizio di qualità territoriale completo nella esplicazione dei propri servizi, garantendo altresì un servizio di pronto intervento di polizia stradale nelle ore serali/notturne dalle ore 20.00 alle ore 08.00, adeguato alle esigenze territoriali.
Tutto questo ben ancorato alla Legge Costituzionale e alla riforma del Titolo V della Costituzione avvenuta nel 2001, quando la materia polizia locale amministrativa da competenza dello Stato delegata alle Regioni è passata alla competenza esclusiva delle Regioni. Lo Stato può esprimersi con legge nazionale al fine di garantire la dovuta omogeneità in materia di sicurezza.
Ci vorrebbe un altro piccolo miracolo… e se Salvini decide di fare un decreto legge? Il futuro è dietro l’angolo!