Passo carrabile abusivo ed ordine di demolizione.
Pur essendo vero che il passo carraio deve essere autorizzato dall’ente proprietario della strada ai sensi dell’art. 22 del D.Lgs. n. 285 del 1992, ciononostante, qualora esso comporti una immutatio loci – come nel caso di specie, in cui all’apertura di un varco si accompagna l’installazione di un cancello – deve essere altresì assentito anche dal punto di vista edilizio; tanto in ossequio non solo dei principi generali in materia di edilizia ma anche della chiara normativa di settore (art. 46, comma 1, del D.P.R. n. 495 del 1992, regolamento attuativo del codice della strada), che prescrive testualmente che “la costruzione dei passi carrabili è autorizzata dall’ente proprietario nel rispetto della normativa edilizia e urbanistica vigente. Con queste parole, il T.A.R. Campania (Napoli Sez. II, 21/05/2018, n. 3298) ha conservato un ordine di demolizione spiccato dal Comune di Arzano che si era abbattuto su due cancelli posti come chiusura di corrispondenti passi carrabili.
“Con riferimento al regime edilizio applicabile ai cancelli colpiti dall’ordine demolitorio, giova richiamare l’orientamento giurisprudenziale prevalente, condiviso dal Collegio, secondo il quale, in assenza di precise indicazioni ritraibili dal testo unico in materia di edilizia, le opere funzionali alla delimitazione dei confini dei terreni, quali recinzioni, muri di cinta e cancellate, non devono essere riguardate in base all’astratta tipologia di intervento che incarnano, ma sulla scorta dell’impatto effettivo che determinano sul preesistente assetto territoriale: ne deriva, in linea generale, che tali opere restano sottoposte al regime della SCIA (già DIA) ove non superino in concreto la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia, per essersi tradotte in manufatti di corpo ed altezza modesti, mentre abbisognano del permesso di costruire ove detta soglia risulta superata in ragione dell’importanza dimensionale dell’intervento (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2016 n. 10 e 4 luglio 2014 n. 3408; Cass. Pen., Sez. III, 11 novembre 2014 n. 52040)”.