Il potere del Sindaco di emanare ordinanze contingibili e urgenti ha natura residuale. Il suo esercizio presuppone la necessità di provvedere in via d’urgenza con strumenti extra ordinem per far fronte a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile di pericolo attuale ed imminente per l’incolumità pubblica, cui non si può provvedere con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento.
Tali provvedimenti sono connotati da provvisorietà e temporaneità quanto agli effetti e da proporzionalità rispetto al pericolo cui ovviare (artt. 50, 54 D.Lgs. n. 267/2000, T.U. Enti locali)
Con queste parole, il Consiglio di Stato (Sez. V, 14/11/2017, n. 5239) ha riformato la sentenza del T.a.r. Toscana (Firenze, sez. III, n. 502/2015), con la quale era stato rigettato il ricorso di alcuni cittadini, contro il provvedimento di un Comune, con il quale era stato ordinato la messa in sicurezza di “edifici e piante … in cattivo stato di manutenzione”.
In conclusione, per il Consiglio di Stato, non rileva tanto che la situazione fosse pericolosa o apparisse tale, quanto piuttosto che le prescrizioni dell’ordinanza sindacale non erano necessitate; da qui, l’ordinanza è stata considerata illegittima per lesione dei diritti partecipativi dei destinatari, di cui all’art. 7 della L.241/1990, in quanto non ha convinto i giudici (che hanno ripercorso l’istruttoria) la dichiarazione che la dilazione nell’adozione del provvedimento per garantirle avrebbe comportato “maggiori e ben più gravi responsabilità per l’ente comunale”.
Quindi: “L’art. 7 L. n. 241/1990 deve essere interpretato nel senso che le ragioni di impedimento della comunicazione di avvio del procedimento, derivanti dalla particolare celerità del procedimento, devono sussistere in concreto e devono essere rappresentate nel provvedimento o comunque devono essere desumibili dalle motivazioni e dalla tipologia di intervento specificamente ordinato”.