Occupazione di suolo pubblico, TAR Campania, Silenzio assenso no, bassa discrezionalità si.

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Secondo il TAR Campania, sez. III, sentenza 30 giugno 2016, n. 3316, l’istituto del silenzio assenso non opera in materia di occupazione di suolo pubblico, posto che l’occupazione di suolo pubblico rientra nell’ambito dei provvedimenti di carattere concessorio che si sottraggono, per le insopprimibili ed ovvie esigenze di interesse pubblico al pieno controllo dell’ente comunale circa l’utilizzo delle proprie strade, all’applicazione dell’art. 20 L. n. 241/1990.

Fin qui siamo al cospetto di una sentenza che conferma uno standard generalmente condiviso dalla giurisprudenza amministrativa, quindi, nulla di nuovo.

La sentenza epigrafata, tuttavia, dice di più: è illegittimo il diniego espresso di concessione, quando il parere negativo rilasciato dalla polizia municipale superi, per discrezionalità, i vincoli che alla predetta discrezionalità ha posto il precipuo regolamento comunale.

Nel caso di specie, L’art. 20 del d. lgs. 20 aprile 1992 n. 285 (Nuovo codice della Strada), al comma 3, nella versione modificata dall’art. 29 legge 7 dicembre 1999 n. 472 prescrive che “Nei centri abitati, …, l’occupazione di marciapiedi da parte di chioschi, edicole od altre installazioni può essere consentita fino ad un massimo della metà della loro larghezza, purché in adiacenza ai fabbricati e sempre che rimanga libera una zona per la circolazione dei pedoni larga non meno di 2 m. Le occupazioni non possono comunque ricadere all’interno dei triangoli di visibilità delle intersezioni, di cui all’art. 18, comma 2. Nelle zone di rilevanza storico-ambientale, ovvero quando sussistano particolari caratteristiche geometriche della strada, è ammessa l’occupazione dei marciapiedi a condizione che sia garantita una zona adeguata per la circolazione dei pedoni e delle persone con limitata o impedita capacità motoria”. In linea con le prescrizioni legislative di cui all’art. 20 Codice della Strada, l’art. 15 del Regolamento del Comune di Napoli che disciplina l’occupazione di suolo pubblico, al comma 3 chiarisce che “Al fine di consentire il transito pedonale lungo il marciapiede deve essere garantito, come previsto dall’art. 20 del Codice della Strada, uno spazio adibito a tale scopo avente larghezza non inferiore a metri 2,00”. Il comma 6 precisa espressamente che “nelle aree pedonali urbane (APU), nelle zone a traffico limitato (ZTL) e nelle strade con traffico estremamente limitato, non applicandosi il disposto dell’art. 20 del Codice della Strada, le occupazioni di suolo possono essere consentite in careggiata, in aree dedicate alla sosta dei veicoli, previo parere obbligatorio dell’unità organizzativa della Polizia Municipale competente per territorio, a condizione che l’installazione: a) non crei pericolo o intralcio alla circolazione dei veicoli e dei pedoni e delle persone con limitata o impedita capacità motoria; b) garantisca la circolazione dei mezzi di soccorso e di pubblica sicurezza, lasciando una corsia non inferiore a metri 3,50.”.

Il Collegio ha così esaminato l’istanza di concessione di suolo pubblico e confrontata la stessa con il regolamento ha trovato la stessa conforme alle regole locali che, nell’esprimere la perimetrazione delle condizioni di concessione, ha assorbito la discrezionalità della Polizia Municipale che deve esprimere il suo parere, a meno che questo parere non rechi motivazioni chiare in ordine alla valenza ostativa del proprio parere. Riprendendo le parole della sentenza. “l’art. 15 del Regolamento, proprio in virtù delle minuziose prescrizioni nello stesso contenuto, detta regole chiare ed auto-vincolanti per la stessa amministrazione sia, perché, nel caso specifico, la motivazione del provvedimento impugnato, oltre a presentare elementi di contraddizione con il percorso istruttorio seguito, non fornisce alcuna indicazione puntuale in merito alle circostanze specifiche che non consentirebbe, nella fattispecie in esame, di applicare le disposizioni regolamentari”.

Condannato il Comune di Napoli a fare fronte positivamente all’istanza di parte ed a rifondere le spese processuali (€ 1.500,00, oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato).

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