Non si scherza con la scissione del termine di accertamenti rispetto al termine di commissione dell’illecito per eludere la decadenza della notifica del verbale!
Ormai è un consolidato: il termine per la contestazione dell’infrazione non decorre dalla sua consumazione, ma dal completamento dell’attività di verifica di tutti gli elementi dell’illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all’Amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari per l’individuazione in fatto degli estremi di responsabilità amministrativa (cfr. Cass. 18 aprile 2007, n. 9311; Cass. 21 aprile 2009, n. 9454; Cass. 13 dicembre 2011, n. 26734). Questo ce lo conferma anche “Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-01-2023, n. 691”.
Ma deve essere chiaro che il principio in parola non può riguardare gli accertamenti semplici, come quelli del codice della strada. L’esportazione di un valore coniato per complesse vicende di accertamento (nel caso di specie si tratta di sanzioni irrogate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per un valore di euro 5.898.448) alla casistica elementare del misuratore di velocità NON SI PUO’ FARE.
Il giudice di pace lo capisce che si tratta di una motivazione posticcia e mal attagliata alla semplice azione di “visualizzazione di un fotogramma e validazione”. Quindi NON E’ SAGGIO, NON E’ CORRETTO, NON E’ LECITO, scindere la data di accertamento dalla data della commissione della violazione, sol perché non si ha avuto il tempo di far partire i verbali entro novanta giorni dal momento in cui il veicolo è transitato davanti al misuratore di velocità.
Poi, non si lamentino i comuni per il fatto che i giudici di pace li bastonano con la condanna al pagamento delle spese per soccombenza; forse sono già troppo galantuomini nel non mandare gli atti alla corte dei conti.