La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Sardegna, con sentenza n. 145 del 19 settembre 2024, ha condannato un dipendente per risarcimento del danno erariale e di immagine, per avere attestato falsamente la propria presenza in servizio con artifici e raggiri, consistiti nel timbrare il c.d. “cartellino marcatempo” all’inizio e alla conclusione del servizio, salvo allontanarsi dal luogo di lavoro nel corso della giornata lavorativa senza timbrare le uscite, essendo queste ultime finalizzate all’espletamento, non già di attività esterne giustificate da ragioni di servizio, bensì di attività esclusivamente di natura personale, in ogni caso non oggetto di permessi autorizzati.
L’accusato si era difeso eccependo che nel medesimo periodo considerato, era risultato presente sul luogo di lavoro per un numero di ore superiore a quelle contrattualmente previste, assolutamente sufficiente a coprire, in denegata ipotesi, l’asserito ammanco contestato , a fronte di una prestazione lavorativa suscettibile di essere valutata in misura massima.
La Corte dei Conti ha ritenuto che “Non appare rilevante a escludere il danno contestato neppure la circostanza che il sig. … abbia svolto ore in eccesso nelle stesse giornate nelle quali si è assentato ingiustificatamente, in quanto, come correttamente rappresentato dal P.M. in udienza, non è possibile operare alcuna compensazione tra le due tipologie di orario, senza considerare il fatto che, verosimilmente, l’interessato ha utilizzato le ore in eccesso per ottenere altri istituti contrattuali (retribuzione per straordinari o recupero compensativo”.
La Corte dei Conti, con la detta sentenza ha ribadito che:
“Il rispetto dell’orario di servizio costituisce un elemento fondamentale del sinallagma insito nel rapporto di pubblico impiego e ne definisce la prestazione a cui è commisurato il compenso”.
“il mancato rispetto di tali prescrizioni configura l’elusione di norme destinate, per un verso, ad assicurare che il servizio pubblico si svolga in un contesto obiettivo, diretto a finalizzare e ottimizzare l’attività posta a servizio della collettività e, per altro verso, a definire la misura della prestazione dovuta dal dipendente pubblico, in relazione all’orario e al tempo di lavoro effettivo, ai quali va commisurata la retribuzione allo stesso spettante”.
Richiamando le Direttive/Circolari del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio (n. 8/93 del 9 marzo 1993; n. 3/94 del 16 febbraio 1994; n. 7/95 del 24 febbraio 1995 e n. 21/95 dell’8 novembre 1995) hanno ribadito che “l’osservanza dell’orario di lavoro costituisce un obbligo del dipendente pubblico, anche del personale con qualifica dirigenziale, quale elemento essenziale della prestazione retribuita dalla Amministrazione Pubblica” e che “l’orario di lavoro, comunque articolato, deve essere documentato ed accertato mediante controlli di tipo automatici ed obiettivi, come disposto dalle vigenti normative in materia”
Inoltre la sentenza ha evidenziato che”“i permessi brevi fruiti dai dipendenti pubblici per esigenze personali”, devono essere autorizzati e recuperati successivamente, secondo modalità definite dal Dirigente, il quale diviene responsabile dell’osservanza dell’orario di lavoro da parte del personale dipendente, tanto che eventuali violazioni dei dirigenti responsabili e del personale dipendente, conseguenti a dolo o colpa grave, che comportano una mancata prestazione, con relativo danno erariale, concretano una violazione penale, oltre che responsabilità disciplinare e contabile”;
e che: “Alla luce del quadro ordinamentale complessivo, l’allontanamento del dipendente dal luogo di lavoro appare giustificato solo dalla presenza di predeterminate esigenze, subordinate ad autorizzazione specifica, ovvero regolamentate dalla contrattazione collettiva, e deve essere, comunque, oggettivamente rilevato e rilevabile (attraverso i sistemi automatizzati, laddove, come nel caso di specie, installati), sia nelle ipotesi in cui il tempo trascorso fuori dall’ufficio debba essere recuperato, sia nei casi contrari, essendo, come più volte specificato, la presenza nel luogo di lavoro il parametro al quale ancorare la retribuzione”.
corte conti sez giurd sardegna 145 del 2024