La ludopatia è termine ormai di uso quotidiano e che viene inteso quale “patologia che affligge chi è dipendente dal gioco, in particolare dal gioco d’azzardo”. Il contrasto a tutti i fatti e gli elementi che tendono ad aggravare le patologie, passa anche attraverso l’emissione di Ordinanze da parte dei Sindaci.
I provvedimenti sindacali, però, scontano il consueto limite della (inadeguata) motivazione che, sovente, rende inefficaci le Ordinanze stesse.
Il consolidato orientamento giurisprudenziale ha rilevato come l’intervento dell’autorità in materia di apertura delle sale giochi deve contemplare un accurato bilanciamento tra valori ugualmente sensibili (il diritto alla salute e l’iniziativa economica privata), sulla scorta di approfondite indagini sulla realtà sociale della zona e sui quartieri limitrofi, con l’acquisizione di dati ed informazioni – il più possibile dettagliati ed aggiornati – su tendenze ed abitudini dei soggetti coinvolti. A questo proposito, sono pertanto da ritenersi insufficienti i generici riferimenti a non meglio specificati “studi clinici” in ordine alle dipendenze patologiche dal gioco o altri generici riferimenti.
La rilevazione dell’assenza di studi scientifici relativi all’incidenza della ludopatia sul territorio comunale e l’evidente violazione del principio di proporzionalità giustificano, in genere, l’annullamento del provvedimento impugnato.
La decisione Tar Toscana, 12/06/2017, n. 806, ultima in ordine di tempo, si segnala per aver enucleato i seguenti principi:
a) è irrilevante il riferimento ai studi americani in materia di dipendenza dal gioco, trattandosi, al di là della definizione generale del “disturbo da gioco d’azzardo”, di studi che si riferiscono ad altro contesto e non possono certamente evidenziare particolari problematicità sussistenti sul territorio ;
b) i pochi dati presenti nel riferimento sono da ritenersi non utilizzabili, non apparendo focalizzati sul territorio del Comune che ha emanato l’ordinanza di regolamentazione degli orari degli esercizi di gioco;
c) l’incidenza della ludopatia sul territorio comunale non può essere desunta dall’aumento degli esercizi commerciali con VLT presenti sul territorio, dovendosi operare una distinzione tra aumento degli esercizi di gioco (di per sé permessa dall’ordinamento) e serio accertamento della sussistenza di un’abnorme presenza del fenomeno della ludopatia sul territorio;
d) è sostanzialmente illogico e contraddittorio il riferimento ad indagini statistiche, dovendo ritenersi che la risposta positiva alla domanda sulla dannosità del gioco d’azzardo possa essere ritenuta idonea ad evidenziare, più che la sussistenza di una condizione patologica di ludopatia, una più matura consapevolezza dei rischi dell’attività cui ci si dedica;
i) in definitiva, mancano del tutto, nella fattispecie, i <<precisi studi scientifici>> necessari per poter procedere all’emanazione alla disciplina restrittiva degli orari degli esercizi di gioco.
In conclusione Il sostanziale unilateralismo dell’atto impugnato (che considera solo le esigenze di prevenzione della ludopatia) e la mancanza completa di una qualche considerazione degli interessi contrapposti appaiono ancora più rilevanti, in un contesto in cui l’importanza percentuale della riduzione oraria imposta agli esercenti portano a ritenere concreto il pericolo che la disciplina limitativa possa risolversi nella pratica interdizione di un’attività che, al contrario, continua ad essere permessa dallo Stato.