Durante le indagini preliminari, la polizia giudiziaria può ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non è consentita la utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall’articolo 503 comma 3, codice procedura penale.
Per giurisprudenza consolidata (Corte di Cassazione Penale, sez. IV, 10 marzo 2016, n. 11904) nei casi in cui un soggetto, dovendo essere sentito in qualità di imputato o di persona sottoposta ad indagini, abbia reso, in assenza del difensore, dichiarazioni spontanee alla polizia giudiziaria, non è applicabile la disciplina del secondo comma dell’articolo 63 codice procedura penale, bensì la regola di cui al comma settimo dell’articolo 350 stesso codice, di talché le sue dichiarazioni, sebbene non utilizzabili nel dibattimento salvo quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 503, possono essere apprezzate nella fase delle indagini preliminari o nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza per l’adozione di un provvedimento cautelare.
A norma dell’articolo 63, comma 2, codice procedura penale, non applicabile, come detto, al caso di specie, se la persona doveva essere sentita sin dall’inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate.
Deve pertanto ribadirsi il principio, in base al quale le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato alla polizia giudiziaria, disciplinate dall’art. 350, comma settimo, codice procedura penale, sono pienamente utilizzabili nella fase delle indagini preliminari.