La natura non espropriativa dei Piani di Protezione Civile.

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La natura non espropriativa dei Piani di Protezione Civile.

Molto interessante la sentenza n.27/2024 (T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 08-01-2024, n. 27) pronunciata in ordine alla definizione di quale sia la portata conformativa dei vincoli posti dal Piano comunale di Protezione Civile, nel definire le “aree di accoglienza (ricovero) popolazione e di ammassamento soccorritori e risorse”.

I proprietari dei fondi individuati per tali finalità dal Piano, ritenevano che i vincoli posti fossero di natura sostanzialmente espropriativa, in ragione della forte conformazione dettata dalle esigenze di utilizzo per finalità di Protezione Civile; pertanto impugnavano il Piano ed il Regolamento del Comune di Locri.

Secondo il collegio, deve escludersi che le previsioni del piano comunale siano idonee ad incidere, sia in senso “conformativo” che “espropriativo”, sulle facoltà dominicali dei privati, avendo le stesse valore meramente programmatico. Quanto sopra trova conferma in quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui “In base all’art.15 della L. n. 225 del 1992, il PEC (Piano di Emergenza Comunale) assume il ruolo di uno strumento programmatorio, in risposta a esigenze a carattere emergenziale, dunque future, eventuali e temporanee, non idonee quindi come tali a imporre vincoli conformativi, come noto certi, attuali e a tempo indeterminato o espropriativi, certi, attuali, preclusivi dell’attività edificatoria del privato e dunque a tempo determinato” (così T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 11/10/2021, n. 10459; cfr. anche TAR Lazio-Latina, n. 375 del 2020, Cons. Stato, II, n. 1643 del 2020, n. 8614 del 2019; TAR Puglia, III, n. 383 del 2011).

L’apprezzamento dell’infondatezza del gravame passa dalla necessaria ricognizione dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, fin dalla sentenza n. 179 del 1999, secondo cui i vincoli preordinati all’espropriazione sono quelli che comportano, quale effetto pratico uno svuotamento di rilevante entità ed incisività del contenuto della proprietà, mediante imposizione, immediatamente operativa, di vincoli a titolo particolare su beni determinati, senza delimitazione di tempo ovvero scavalcando la durata temporale individuata dalla legge come limite, non irragionevole o arbitrario, alla sopportabilità del vincolo, e che superino, sotto un profilo quantitativo, la “normale tollerabilità” secondo una concezione della proprietà che resta regolata dalla legge per i modi di godimento ed i limiti preordinati alla funzione sociale (ex art. 42, comma 2, Cost.). La Corte costituzionale ha anche precisato che sono al di fuori dello schema ablatorio-espropriativo con le connesse garanzie costituzionali (e quindi non necessariamente con l’alternativa di indennizzo o di durata predefinita) i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di previa ablazione del bene (così, ancora, la sent. n. 179 del 1999).

“Nel caso di specie, alla luce di tali generali coordinate, le oggettive caratteristiche del vincolo di destinazione imposto sui terreni di proprietà dei ricorrenti inducono il Collegio ad escluderne la natura espropriativa. La funzionalizzazione di siffatti terreni alle necessità della protezione civile non è tale, invero, da eliminare le possibilità di sfruttamento economico in capo ai privati proprietari, laddove destinata sia ad “area di accoglienza (ricovero) popolazione”, dove cioè allestire tende e/o roulotte per assicurare riparo alle popolazioni colpite da eventi calamitosi, che ad “area di ammassamento soccorritori e risorse”, ovvero luogo di raccolta di uomini e mezzi necessari alle operazioni di soccorso. Entrambe le citate tipologie di aree, durante i periodi di non emergenza, lungi dal dover essere mantenute necessariamente sgombre, sono sostanzialmente sfruttabili dalla proprietà, sia pure con modalità tali da non interferire con le necessità tipiche della protezione civile da attivarsi al momento dell’emergenza. A ben vedere, pertanto, l’ablazione del bene non si realizza affatto, o si realizza solo temporaneamente ed eccezionalmente, con successivo ritorno dell’area nella piena disponibilità degli odierni ricorrenti, proprio perché ne resta comunque ferma l’ordinaria possibilità di sfruttamento economico. Da qui, la natura meramente conformativa e non anche espropriativa, per come erroneamente preteso dai ricorrenti – a cui non spetta, dunque, alcun indennizzo – dei vincoli in contestazione, di fatto inidonei ad azzerare le loro facoltà dominicali”.

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