In caso di opere edilizie realizzate in base ad un titolo successivamente annullato dal giudice, il Comune non deve necessariamente procedere alla demolizione.

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Il Consiglio di Stato, Sezione IV, con sentenza n. 2398/2014 ha ricordato che in termini generali, secondo l’Adunza plenaria del Consiglio di Stato, l’affidamento del privato a poter conservare l’opera realizzata sulla base di un titolo edilizio successivamente annullato non è tutelato in via generale ma è rimesso alla discrezionalità del legislatore, al quale compete emanare norme speciali di tutela come la potenziale commutabilità della sanzione demolitoria in quella pecuniaria (l’art. 38 t.u), ovvero un regime di favore in sede di condono edilizio (come avvenuto con l’art. 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724). In difetto di una espressa previsione legislativa, la posizione di colui che abbia realizzato l’opera sulla base di un titolo annullato non si differenzia dagli altri soggetti che hanno invece realizzato l’opera abusiva senza titolo.

 

L’annullamento giurisdizionale del permesso o della concessione di costruire provoca la qualificazione di abusività delle opere edilizie realizzate in base ad esso, per cui il Comune, stante l’efficacia conformativa, oltre che costitutiva e ripristinatoria, della sentenza del giudice amministrativo, è obbligato a dare esecuzione al giudicato, adottando i provvedimenti consequenziali.

Tali provvedimenti non devono, peraltro, avere ad oggetto necessariamente la demolizione delle opere realizate (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 giugno 2011 n. 3571): l’art. 38 prevede invece una gamma articolata di possibili soluzioni, della valutazione delle quali l’atto conclusivo del nuovo procedimento dovrà ovviamente dare conto.

VINCENZO SMALDONE

P.A.sSiamo

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