Imballaggi usati di plastica (bottiglie). E’ corretto un loro conferimento da parte dei cittadini ad un’impresa che non sia il gestore del servizio pubblico di raccolta? Quale l’eventuale disciplina sanzionatoria?

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Quesito per passiamo: la risposta!
Risposta ai quesiti posti dai lettori

domanda:Le scrivo per richiedere un parere circa la installazione presso un supermercato di un raccoglitore di bottiglie di plastica da parte di una società. L’Ufficio Ambiente ritiene che tale operazione non sia legittima, poiché solo il Comune è abilitato alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.La società, invece, dichiara che tale attività, tesa peraltro a fidelizzare i clienti del supermercato, che riceverebbero punti-premio da utilizzare per la spesa per ogni tot di bottiglie conferite, non necessiti di alcuna autorizzazione del Comune.Il responsabile dell’Ufficio Ambiente vorrebbe che il Comando Polizia Municipale obbligasse, attraverso anche la verbalizzazione, a togliere il raccoglitore. Che cosa ne pensa?

Risposta:In premessa, deve stabilirsi che le bottiglie usate di plastica costituiscono rifiuti, che, seprovenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione, sono da classificarsi come urbani, ai sensi dell’art. 184, comma 2, lett. a) del D. Lgs. n. 152/2006.
Le stesse, quali imballaggi primari usati provenienti dalla raccolta differenziata domestica, sono espressamente ricompresenell’Allegato 1 – Suballegato 1, punto 6.1 – del vigente D.M. 5 febbraio 1998, che reca “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/97”, così come può leggersi in tabella:

6. RIFIUTI DI PLASTICHE
6.1 Tipologia:rifiuti di plastica; imballaggi usati in plastica compresi i contenitori per liquidi, con esclusione dei contenitori per fitofarmaci e per presidi medico-chirurgici [020104] [150102] [170203] [200139] [191204].
6.1.1 Provenienza:raccolte differenziate, selezione da R.S.U. o R.A.; attività industriali, artigianali e commerciali e agricole; attività di costruzione e demolizione.
6.1.2 Caratteristiche del rifiuto: materiali plastici, compresi teli e sacchetti, tubetti per rocche di filati, di varia composizione e forma con eventuale presenza di rifiuti di altra natura.
6.1.3 Attività di recupero:messa in riserva [R13] per la produzione di materie prime secondarie per l’industria delle materie plastiche, mediante asportazione delle sostanze estranee (qualora presenti), trattamento per l’ottenimento di materiali plastici conformi alle specifiche UNIPLAST-UNI 10667 e per la produzione di prodotti in plastica nelle forme usualmente commercializzate[R3].
6.1.4 Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: materie prime secondarie conformi alle specifiche UNIPLAST-UNI 10667 e prodotti in plastica nelle forme usualmente commercializzate.

Poiché trattasi di rifiuti urbani, i cittadini possono conferirli solo ed esclusivamente al servizio pubblico di raccolta.
Il regime di privativa(almeno fino a quando non sarà approvato l’imminente Testo Unico sui servizi pubblici locali, che dovrebbe prevedere importanti modifiche sul tema) è sancito dall’art. 198, comma 1, del D. Lgs. n. 152/2006, che stabilisce: «Sino all’inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall’ente di governo dell’ambito ai sensi dell’articolo 202, i Comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all’articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».
In assenza di una procedura di gara, tra quelle previste dall’art. 59 del recente D. Lgs. n. 50/2016, finalizzata alla eventuale stipulazione di un contratto con il Comune,un’impresa privata, che non sia il gestore del servizio pubblico di raccolta, non può assolutamente ed autonomamente raccogliere, presso esercizi commerciali, rifiuti provenienti da utenze domestiche.
Quale la disciplina sanzionatoria?
Ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a), del D.M. 120/2014, è richiesta, quale titolo abilitativo, l’iscrizione all’Albo Gestori Ambientali – Categoria 1 – per l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani.
Se la prescritta iscrizione manca, sono tutti integrati gli estremi del reato di cui all’art. 256, comma 1, del D. Lgs. n. 152/2006, che stabilisce:
Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:
a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
Se, invece, l’iscrizione è regolarmente tenuta, la condotta dall’impresa non evidenzia alcun illecito penale.
Di sicuro, però, si configurerebbe quello, non meno grave, di natura disciplinare.
«Come tutti i sistemi autorizzatori anche le procedure di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali prevedono, in caso di violazioni delle disposizioni contenute tanto nel regolamento, che ne disciplina l’applicazione ed il funzionamento, quanto nell’inosservanza delle prescrizioni contenute nei singoli provvedimenti autorizzatori, un complesso sistema di norme finalizzate a garantirne l’osservanza ed in caso di violazione l’irrogazione delle previste sanzioni disciplinari.
Trattandosi di sanzioni di natura disciplinari le stesse vengono adottate dalla medesima autorità che ha rilasciato l’autorizzazione, laddove non trattandosi di sanzioni di natura penale (di competenza dell’autorità giudiziaria) né tantomeno di natura amministrativa-pecuniaria (di competenza della Provincia), tali provvedimenti sanzionatori vengono ad incidere sull’efficacia del provvedimento autorizzatorio rilasciato dall’autorità amministrativa.
Il sistema sanzionatorio dell’Albo Gestori Ambientali si articola in un procedimento disciplinare, regolamentato dall’articolo 21 del DM. N.120/2014 finalizzato a garantire il rispetto del principio della trasparenza e della partecipazione del soggetto interessato in ossequio ai principi che devono connotare qualsiasi attività amministrativa».
Posto che in ogni provvedimento di iscrizione all’Albo è contenuta,sempre e pedissequamente, la prescrizione, per cuil’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti deve essere svolta nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel caso di specie, si verificherebbe una chiara violazione dell’art. 198 del citato decreto, rilevante ai fini dell’articolo 19 del D.M. 120/2014, che porterebbe alla sanzione disciplinare della sospensione dell’iscrizione:
1. L’efficacia dell’iscrizione all’Albo è sospesa dalle Sezioni regionali e provinciali nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689, quando si verifichi e sia addebitabile all’impresa o ente:
a) l’inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nei provvedimenti d’iscrizione;
b) l’inosservanza dell’obbligo di comunicazione di cui all’articolo 18, comma 1;
c) il mancato rispetto della normativa in materia di rapporti di lavoro e di protezione sociale.
2. La durata della sospensione non potrà superare i centoventi giorni complessivi, ferma restando la possibilità per la sezione di individuare i singoli giorni di esecuzione del provvedimento che potranno essere anche non continuativi.
3. Tra la data di notifica all’interessato del provvedimento sanzionatorio e il termine iniziale di decorrenza dello stesso, debbono intercorrere almeno novanta giorni.
4. Con il provvedimento di sospensione la Sezione stabilisce il termine entro il quale l’impresa o l’ente iscritto deve conformarsi alla normativa vigente.
5. Il Comitato nazionale stabilisce i criteri per uniformare sul territorio nazionale l’applicazione della sospensione secondo ragionevolezza ed equità.

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