Guida in stato di ebbrezza e non punibilità per particolare tenuità: le Sezioni Unite!

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“L’art. 131-bis cod. pen. si applica ad ogni fattispecie criminosa, in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla medesima norma”.

“Alla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto consegue l’applicazione, demandata al Prefetto, delle sanzioni amministrative accessorie stabilite dalla legge”

Con sentenza depositata il 6 aprile 2016 n°13681, le Sezioni Unite Penali della Suprema Corte, si sono espresse sul conflitto interpretativo sollevato dalla IV Sezione, in ordine alla applicabilità della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, con riguardo al reato di guida in stato di ebbrezza, in particolare e di tutti i reati di pericolo in generale.

Molto corposa e seria la pronuncia in esame che qui, per esigenze di brevità ci limitiamo solo a riportare con inerenza minima ai temi della circolazione stradale.

Si rammenta che l’art. 186, comma 2, lettera a), prevede un illecito amministrativo costituito dalla guida in stato di ebbrezza con tasso alcoolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 gil; mentre le successive lettere b) e c) dello stesso comma disciplinano distinti illeciti penali definiti da valori crescenti.  Il quesito di diritto devoluto alle Sezioni Unite è pertanto: “se la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto sia compatibile con il reato di guida in stato di ebbrezza”.

Secondo le Sezioni Unite : ” La nuova normativa (riferita alla particolare tenuità) non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena…..  Allora, essendo in considerazione la caratterizzazione del fatto storica nella sua interezza, non si dà tipologia di reato per la quale non sia possibile la considerazione della modalità della condotta; ed in cui sia quindi inibita ontologicamente l’applicazione del nuovo istituto… Dunque, pure nei reati senza offesa, di disobbedienza, o comunque poveri di tratti descrittivi, contrassegnati magari da una mera omissione o da un rifiuto, la valutazione richiesta dalla legge è possibile e doverosa, dovendosi considerare la concreta manifestazione del fatto illecito”.

La Suprema corte, peraltro, assodato che, in astratto, il nuovo istituto è compatibile con le ipotesi di reato di mero rifiuto o di guida sotto l’effetto dell’alcol, scinde le tematiche penali da quella sanzionatore amministrative accessorie, affermando che: “Invero, come già evidenziato dalla sentenza Longoni, l’illecito penale e quello amministrativo, pur essendo parti del più ampio diritto punitivo, presentano differenze tanto evidenti quanto rilevanti, che delineano autonomi statuti. Tale condivisa enunciazione si pone sulla scia di ripetute prese di posizioni delle Sezioni Unite che, da ultimo, hanno avuto occasione di ribadire la piena autonomia dei connotati e dei principi delle violazioni amministrative rispetto a quelle penali (Sez. U, n. 25457 del 29/03/2012, Campagne Rudie, Rv. 252694)…si può dunque concludere che il nuovo istituto si limita, razionalmente, a richiedere un giudizio sull’utilità o l’inutilità della pena e non ha riflessi sulle sanzioni amministrative previste dal codice della strada, che sono governate da istanze e regole distinte”.

Ovviamente non è dato, a mio avviso, gridare allo scandalo o alla minaccia gravemente inferta alla sicurezza stradale da tale orientamento; i Giudici sono molto chiari nel riferire che la valutazione del fatto e delle caratteristiche della condotta sono da valutare con attenzione assoluta da parte del giudice di merito, potendosi, ad esempio, valutare la particolare tenuità del fatto in ipotesi limite, quali quella della circolazione in un’area di parcheggio chiusa, ma non dovendo dimenticare di valutare attentamente precedenti dell’imputato e concreta condotta messa in campo.

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