Falsità ideologica delle dichiarazioni contenute nella domanda e liceità del sequestro delle licenze per NCC.
Con provvedimento del 24 luglio 2020, il Tribunale di Ragusa confermava il decreto con il quale il Gip del medesimo Tribunale aveva disposto il sequestro delle autorizzazioni rilasciate dal comune di Ragusa a (OMISSIS) per esercitare l’attività di autonoleggio con conducente. I reati ipotizzati a suo carico erano quelli previsti dagli artt. 48 e 480 c.p. e L. n. 241 del 1990, art. 19, comma 6, per avere, l’indagato, nel presentare al Comune di Ragusa la documentazione necessaria per il rilascio degli atti di rinnovo dell’autorizzazione ad esercitare l’attività di noleggio di autovetture, attestato falsamente di disporre di sedi operative e rimesse nel territorio comunale, noleggio che, invece, esercitava in altre aree, in prevalenza nel territorio catanese, così inducendo in errore i dirigenti che avevano rilasciato tali autorizzazioni ed i funzionari addetti al controllo. Contro a misura cautelare, esperiti i passaggi di rito intermedio senza buon esito per il prevenuto, questi propone ricorso in Cassazione; il giudizio culmina nella sentenza Cass. pen. Sez. V, Sent 05-01-2021, n. 178.
Il collegio rigetta il ricorso, sostenendo quanto segue:
“Deve innanzitutto rilevarsi come la misura di cautela faccia riferimento ai delitti consumati al momento del rilascio delle autorizzazioni (e alle successive vidimazioni annuali) così che il contestato falso ideologico va investigato rispetto a tale, risalente, data. In siffatta prospettiva diventa, allora, dirimente la stessa pronuncia n. 56/2020 della Corte costituzionale, citata dalla difesa, che – decidendo sulla nuova normativa di settore, rappresentata dal D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 (contenente disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella L. 11 febbraio 2019, n. 12 – ricordava come, fino al 1 gennaio 2019, dovessero comunque trovare applicazione le norme contenute nella L. 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea), essendo rimasti sospesi, fino a tale data, gli ulteriori obblighi sanciti dalla successiva normativa (in particolare dal D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, nella L. 27 febbraio 2009, n. 14). Così che in tutto tale lasso di tempo doveva considerarsi vigente la L. n. 21 del 1992, art. 11, comma 4, che imponeva ai titolari delle autorizzazioni di NCC di ricevere nuove prenotazioni presso la rimessa o la sede e di iniziare e terminare ogni singolo servizio presso le rimesse medesime (tutte con sede nel territorio comunale di pertinenza). Con l’evidente conseguenza che i regolamenti comunali, come quello applicabile al caso di specie, del Comune di Ragusa, aveva ribadito la necessità che la sede e la rimessa fossero poste nel territorio comunale. Così che, al momento del rilascio delle autorizzazioni richieste dal prevenuto i requisiti legittimanti erano proprio quelli di disporre di una sede e di una rimessa nel territorio comunale. Ne consegue che avere, in allora, attestato tale disponibilità che era invece del tutto formale posto che, al contrario, era qià previsto che l’attività avesse il proprio centro operativo e la propria rimessa in altra località, non costituiva un’ipotesi di mero futuro inadempimento dell’obbligo di rispettare le condizioni del rilascio dell’autorizzazione ma concretava, invece, allo stato delle odierne acquisizioni, il contestato falso ideologico. E, nell’odierno caso di specie, con giudizio in fatto privo di manifesti vizi logici, il Tribunale aveva rilevato come il dato della disponibilità di una rimessa e di una sede nel territorio ragusano fosse solo formale, deducendolo dall’escussione del locatore della sola rimessa che aveva riferito di avere pattuito un compenso di gran lunga inferiore alle ordinarie tariffe proprio sul presupposto del solo occasionale utilizzo della stessa. Risulta così inconferente la citazione da parte della difesa della pronuncia di questa Sezione del 23 aprile 2018 n. 24681 – che aveva, invece, annullato senza rinvio un’ordinanza confermativa del provvedimento di sequestro in analoga fattispecie – proprio perchè, in tal caso, non si era accertata, sempre allo stato degli atti, l’originaria decettività dell’attestazione di disporre, nel territorio di competenza, di una effettiva rimessa e di una altrettanto effettiva sede operativa. Erano pertanto, in quel caso, assenti i presupposti di fatto del titolo del reato (in quel caso l’art. 483 c.p.) che giustificava il vincolo. Si conclude così per la complessiva infondatezza del ricorso e a tale declaratoria segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali”.