ELEZIONE DI DOMICILIO NON SOTTOSCRITTA DALL’INDAGATO: LA PAROLA ALLE SEZIONI UNITE

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 9 ottobre 2018, n. 45477, ha rimesso alle Sezioni Unite la questione di diritto relativa alla validità di una elezione di domicilio, raccolta su apposito verbale dalla polizia giudiziaria, a carico di persona sottoposta ad indagine per la commissione di un reato, che poi non venga sottoscritta volontariamente dall’indagato.

Sul punto la Corte di Cassazione registra due orientamenti giurisprudenziali contrastanti:

  • secondo un primo orientamento, «la mancata sottoscrizione, da parte dell’indagato, del verbale contenente l’elezione di domicilio ne determina l’invalidità solo qualora risulti che egli abbia rifiutato di sottoscrivere l’atto eccependone la difformità rispetto alle dichiarazioni rese, o all’intenzione di non dare più corso all’elezione di domicilio»;
  • secondo altro indirizzo, «l’elezione di domicilio contenuta nel verbale di polizia giudiziaria, attesa la sua natura di dichiarazione di volontà avente valore negozial-processuale, è nulla qualora il verbale non risulti sottoscritto dal dichiarante, mancando il dato della formale e concreta riferibilità della dichiarazione a tale soggetto, in quanto il rifiuto della sottoscrizione del verbale implica il rifiuto di eleggere domicilio e la conseguente nullità delle notificazioni eseguite in un luogo non scelto, né approvato dall’imputato».

 

Le Sezioni Unite dovranno rispondere alla seguente questione: «se l’elezione di domicilio contenuta nel verbale di polizia giudiziaria debba essere considerata tamquam non esset quando il verbale non risulti sottoscritto dal dichiarante con conseguente nullità delle notificazioni eseguite nel luogo indicato nel verbale dall’imputato».

 

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