Conosco personalmente un pubblico ministero che, passando reiteratamente in corsia preferenziale per andare a lavorare, ha proposto moltissimi ricorsi al prefetto per chiederne l’annullamento; pare che il prefetto in questione abbia annullato questi verbali, ritenendo che corrispondesse a scriminante di cui all’articolo 4 della Legge 689/1981, la circostanza che questo funzionario pubblico (sebbene pubblico ministero) dovesse recarsi al lavoro, scegliendo la strada più breve, a lui normalmente vietata (vietata com’è giusto che sia).
La cosa, invero, mi è parsa alquanto strana -mi ha fatto dubitare della morale sia del pubblico ministero che del prefetto- ma mai avrei pensato che simili atteggiamenti, invero molto poco etici, potessere avere un riverbero di natura penale.
A lasciarmi supporre che la rilevanza penale possa sussistere anche per quanto sopra narrato è la vicenda trattata, nella giornata del 29 novembre 2014, dal Corriere.it (articolo a firma di Ilaria Saccehttoni). L’articolo menzionato tratta di una vicenda in cui, per adesso, è rimasto intrappolato un carabineire, fedelissimo di un magistrato inquirente romano, reo di aver attestato qualcosa di falso per far togliere delle multe al figlio del predetto magistrato che, mesi fa, ad Aosta di ritorno da una vacanza in Francia, superò reiteratamente il limite di velocità. “Una spesa e una seccatura, insomma, alla quale il fedele braccio destro dell’aggiunto, si offre di ovviare. Ma in che modo? Un mezzo ci sarebbe”. Pare che questo carabiniere avesse impostato al computer una lettera ufficiale, “nella quale si dice che quel giorno era lui in viaggio su un’auto di servizio fra quelle in uso alla Procura della Repubblica e, della quale, viene precisato, ovviamente, il numero di targa. Non è così ovviamente, ma poco importa. La lettera viene stampata, firmata, protocollata e spedita. Il gioco sembra fatto, ma poi accade qualcosa. Dall’ufficio contravvenzioni qualcuno esegue un controllo di routine. La vettura in questione, quel giorno, non ha viaggiato lungo le strade di Aosta. Forse, anzi, non si è mai mossa da piazzale Clodio perché non c’era alcun ordine di servizio che disponesse quel trasferimento. La lettera, dunque, attesta un falso. Un’informativa della polizia giudiziaria ricostruisce la vicenda. Tutta la documentazione parte per la Procura della Repubblica di Perugia. A Roma resta il presidio vuoto e la malinconica perplessità dei colleghi”.
A me dispiace moltissimo per il carabiniere, specie perché temo che il Magistrato che andava a trarre beneficio da questo illecito potrebbe restare indenne da sanzioni, mentre ad essere colpito resterà il militare, che pure ha scientemente fatto qualcosa di grave.
Ancor più mi dispiace che si giochi, utilizzando potere e posizione professionale, per godere di piccolissimi benefici in maniera illecita.
Ciò ci fa dubitare della onestà dei severi inquirenti cui, come funzionari pubblici, sempre siamo particolarmente soggetti, almeno in via potenziale.
Se la pubblica accusa è sostenuta da chi eticamente si metta a fare giochetti di questo genere, di basso conio, la Giustizia paga un prezzo altissimo e, con essa, la paghiamo noi cittadini.
Pino Napolitano